30 gennaio 2018

30 Gennaio 2018

Cose impossibili

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 5,21-43)
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Il commento

La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva” (5,23). La scena evangelica racconta tutta la disperazione di un padre che vede morire la figlia senza poter far nulla. È probabile che prima di rivolgersi a Gesù, Giàiro ha tentato molte altre vie ma senza alcun esito positivo. Lui è uno dei notabili di Cafarnao, rappresentante di un’istituzione che guarda il Rabbì di Nazaret con grande diffidenza. Marco lo presenta come “uno dei capi della sinagoga” e ricorda altre tre volte questa qualifica (5, 35.36.38). In questo modo vuole sottolineare il ruolo istituzionale. In controluce possiamo vedere il contrasto tra i farisei che decretano l’uccisione di Gesù (Mc 3,6) e quest’uomo che lo supplica di intervenire (5,22). Un modo discreto per dire che rifiutare Gesù significa precludersi ogni via di salvezza. Recandosi da lui, Giàiro mostra di aver maturato una vera coscienza di fede, come appare nei gesti e nelle parole con le quali si rivolge a Gesù (5, 22-23): non solo si avvicina a Gesù ma si prostra ai suoi piedi, manifestando così il massimo rispetto per quell’uomo che pure non incontra il favore di coloro che detengono il potere religioso. L’evangelista sottolinea che “lo supplicava con insistenza”, letteralmente “dicendo molte cose” [pollà légôn] (5,23). In questa cascata di parole possiamo intravedere l’ansietà che nasce dalla disperazione ma anche la paura di non trovare accoglienza. In fondo, egli appartiene alla schiera di coloro che si oppongono alla predicazione di Gesù. È interessante anche soffermarsi sulle frase con cui l’evangelista sintetizza la sua richiesta: “La mia figlioletta [thugátrion] sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva” (5,23). Il diminutivo sottolinea tutta la paterna tenerezza dell’uomo; l’espressione “sta morendo” svela la sua intima disperazione. Si reca da Gesù quando tutto è ormai compromesso, anzi quando non c’è più nulla da fare. C’è qui tutta l’ingenua fede di chi domanda a Dio le cose impossibili. È questa la fede che oggi chiediamo.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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