Eutanasia

Da Charlie Gard al piccolo Isaiah: la storia si ripete

Isaiah

a cura della Redazione

A Londra i medici del King’s College Hospital chiedono di staccare la spina a un bambino di 11 mesi contro il volere dei genitori. L’Alta Corte del Regno Unito ha dato il via libera.

Un macabro copione che si ripete identico a se stesso: dopo Charlie Gard e la battaglia dei suoi genitori, ecco che la trama ritorna. Lui è un bambino di 11 mesi che si chiama Isaiah. Ha subito un grave danno cerebrale alla nascita per mancanza di ossigeno e, ricoverato al King’s College Hospital di Londra, sopravvive grazie ai macchinari per la ventilazione artificiale. Secondo i medici non risponde alle stimolazioni e il giudice concorda che non sia “nel suo miglior interesse” continuare così. Ma i genitori contestano il verdetto.

Il padre di Isaiah, Lanre Hasstrup, un avvocato del sud di Londra, e la madre Takessha Thomas avevano chiesto il coinvolgimento di un team specialistico indipendente per ottenere una seconda opinione sul caso.

Una storia che sembra ripresentare le drammatiche sequenze della storia del piccolo Charlie Gard, il bambino affetto da una rara malattia genetica al quale i medici staccarono la spina lo scorso luglio poco prima che compisse un anno nonostante il parere contrario dei genitori.

La mamma e il papà di Isaiah, entrambi 36enni ed entrambi di origine afro-britannica, si sono riservati di parlare con i loro legali prima di decidere ora il da farsi. Mentre Fiona Paterson, avvocato che ha rappresentato in giudizio l’ospedale, ha difeso l’orientamento dei medici e quello della Corte e ha parlato di elementi “schiaccianti” a favore del fatto che l’interruzione del trattamento sia “la miglior decisione nell’interesse di Isaiah”, pur affermando che lo staff del King’s College Hospital capisce “come nessun altro” il dolore dei genitori.

Il giudice MacDonald ha a sua volta dichiarato di aver esaminato il caso “nel miglior interesse di Isaiah” e di essere convinto, pur “con profonda tristezza”, che “non sia nel suo miglior interesse proseguire il trattamento medico di sostegno alla vita”.

“So che il bambino ha subito un danno, ma ha bisogno di amore e cure e io posso dargliele”, ha replicato la madre Takesha. “Dire che è in condizioni troppo gravi per aver diritto di vivere – ha aggiunto – non è giusto, non sta a loro deciderlo”. Secondo la donna, il figlio «risponde, lentamente, aprendo un occhio».

I genitori hanno la possibilità di fare ricorso contro il verdetto dell’Alta Corte. Tra le possibili ragioni di un ricorso c’è anche il fatto che il padre ha avanzato dubbi circa presunte negligenze dell’ospedale durante la nascita di Isaiah.

 




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