11 marzo 2018

11 Marzo 2018

Credere per amare

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,14-21)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Il commento

Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (3, 14-15). La vicenda terrena di Gesù, che trova il suo sigillo nella croce, è l’evento centrale e decisivo di tutta la storia umana. Chi riconosce in Gesù Colui che è “disceso dal cielo” (3,13) riceve la vita eterna, cioè partecipa fin d’ora alla sua stessa vita, ottiene la grazia di fare anche della croce, di quella inevitabile croce che accompagna i giorni terreni, un’esperienza pasquale. Fin qui tutto bene. Ma poco dopo l’evangelista aggiunge: “Chi crede in lui non è condannato ma chi non crede è già stato condannato” (3,18). Giovanni è massimalista, non cerca vie intermedie. A suo giudizio, chi crede ha la vita e chi non crede sperimenta la morte. Il destino dell’umanità passa per Cristo. Noi siamo tra coloro che hanno creduto ed hanno accettato la sfida della fede. Giovanni annuncia che nel Figlio Unigenito il Padre ci ha rivelato e comunicato la pienezza dell’amore (3,14). Credere nel Figlio è dunque la condizione per amare. Il Vangelo non ci esorta ad amare ma invita a credere. Tutto il resto scaturisce come acqua limpida da una fonte nascosta. Anche l’amore.

Abbiamo ricevuto la vita. Sarebbe ingiusto negarlo. Non brancoliamo nelle tenebre né siamo come quelli che camminano senza meta. La Parola di Dio è fonte di luce, il Pane eucaristico comunica la vita, la Chiesa sostiene i nostri passi. E tuttavia sperimentiamo anche la morte, non siamo esenti dal peccato, non siamo ancora liberi dalla schiavitù dell’io. Ed è questo il segno tragico della nostra fragilità. Quando ci allontaniamo da Gesù, quando non guardiamo più a Lui, ricadiamo nelle tenebre, facciamo il male, calpestiamo la verità, chiudiamo le porte all’amore. Questo spiega la lotta drammatica che c’è nel mondo. Oggi chiediamo la grazia di partecipare alla celebrazione eucaristica con la certezza di ricevere la vita e con l’impegno a fare della vita un segno visibile di quell’Amore che salva il mondo.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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