23 marzo 2018

23 Marzo 2018

Il segno

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 10,31-42)
In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre; per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata -, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani. Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.

Il commento

Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre” (10,32). Gesù infatti si presenta strettamente unito al Padre, anzi afferma di essere uno con Lui (10,31). Agli occhi dei Giudei non è solo una follia ma una bestemmia che merita la lapidazione (10,31). In fondo hanno ragione: nessun uomo può farsi Dio, per quanto sia proteso verso l’infinito, resta nell’orizzonte delle cose finite. Ma in questo caso, è Dio stesso che si è fatto uomo (Gv 1,14). Agli occhi di tutti egli appare come una creatura soggetto all’umana fragilità. E invece… la sua vita è tutta avvolta da una luce che ha in Dio la sua origine. Per questo l’evangelista insiste sul ruolo salvifico dei segni: “se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre” (10,38). Nelle parole di Gesù troviamo la chiave di lettura e al tempo stesso una permanente provocazione. La struttura narrativa del quarto Vangelo è ricamata di segni, sette in particolare vengono narrati come eventi speciali: il prodigio compiuto alle nozze di Cana, la guarigione del figlio del funzionario (4, 46-54) e del paralitico della piscina (5,1-9), il miracolo dei pani (6, 1-15), il camminare sulle acque (6, 16-21), la guarigione del cieco nato (9,1-42), la resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-45). Questi segni sono eloquenti, sono capaci di parlare al cuore di chi cerca Dio.

Per mezzo di questi segni il Vangelo corre lungo i secoli e raggiunge l’uomo di ogni tempo. Ma tutte queste opere appartengono alla categoria dei prodigi ed esulano dalle nostre capacità. A noi Gesù chiede un altro segno: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (13,35). L’amore fraterno è l’unico vessillo da innalzare, è la parola eloquente che parla a tutti e interpella tutti. L’effettiva comunione è la prima predica che i cristiani possono fare ed è anche quella più efficace. In un mondo dominato dai conflitti, una Chiesa che accetta e vince la sfida della comunione diventa Vangelo, cioè una bella notizia. È questa la grazia da chiedere come il primo e più importante dei beni.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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