Sessualità

Può un “amico di letto” contenere in sé il mistero autentico dell’amore?

coppia

di Carmen Miranda* psicoterapeuta e operatrice di biofertilità

Relazioni sessuali facili e a buon mercato, una moda in voga non solo tra i giovani ma anche tra i coniugi. Guardiamo al significato dell’atto sessuale nella cornice del sacramento del Matrimonio.

“Ho un amico di letto bellissimo, ma nel 2019 mi sposo”: esordisce così la voce di una ragazza a Radio deejay. La sento di sfuggita mentre salto fuori dalla macchina in una delle mie giornate piene di appuntamenti e cose da fare. La notizia non mi sconvolge affatto, anche se una parte di me rabbrividisce. Oggi ormai la tendenza più affermata è utilizzare la sessualità come un bene di consumo. Per capire cosa c’è di tanto inquietante nell’affermazione della ragazza dobbiamo tornare alle radici dell’unione carnale celebrata nel matrimonio. Anzi, farei meglio a dire non più celebrata nel matrimonio perché è dalle stanze della coniugalità che la relazione sessuale ha cominciato ad essere sempre più svalutata fino a diventare il mero espletamento di un bisogno.  

Mi soffermo sulla sessualità coniugale, tenendo conto che la questione “prematrimoniale” aprirebbe un articolo a parte. Nella mentalità comune si è sempre pensato che la camera da letto è una stanza asettica dove non entra alcun “peccato”, ma talvolta nemmeno alcun “sentimento”. La camera nuziale, dunque, è spesso sentita come uno spazio ad uso esclusivo degli sposi senza accesso a Dio. Questo è quello che riecheggia in gran parte della cultura odierna. In realtà senza Dio l’atto sessuale in sé perde la sua caratteristica di dono e tutto si trasforma nel solo godimento. Il sentimento dell’amore viene by-passato al corpo senza tener conto della persona. La totalità si perde e si consegna all’altro solo una parte di sé, quella materiale, fatta di sensi e di muscoli.

Per comprendere a pieno la totalità dovremo partire da Amore e Responsabilità di Wojtyla. In questo libro, interessantissimo per chi vuole approfondire l’argomento, Karol Wojtyla afferma che il significato pieno della sessualità racchiude non solo un aspetto filosofico e antropologico ma anche elementi teologici e spirituali. L’uomo e la donna nell’amarsi offrono se stessi all’altro, fino a costruire la comunione sacramentale degli sposi che riflette l’unione di Cristo e della Chiesa.

Il donarsi sessualmente non è semplicemente uno scambio di effusioni, ma in virtù del Sacramento, rappresenta e comunica la grazia del sacrificio di Cristo per la Chiesa, e perciò possiede un carattere sacerdotale. Un atto che porta in sé la capacità di rendere genitori, gli sposi. A volte proprio in mancanza di un buon accompagnamento spirituale, tendiamo a “sbrigare” il nostro dovere coniugale non apprezzando a pieno le sue caratteristiche fondamentali. Perdiamo la consapevolezza che quel dono ci unisce al nostro sposo e ci apre a nuovi orizzonti. Siamo spesso accompagnati da una grande paura dell’amore, troppo preoccupati di non soffrire per un sentimento non ricambiato o rifiutato. Spesso non osiamo donare per non disattendere le nostre aspettative e finiamo col vivere un amore al limite del “necessario”. Così dimentichiamo che il dono, anche se non accettato dall’altro, viene accettato da Gesù Cristo.

Forti di questo, possiamo osare e fare il primo passo nell’amore. Dobbiamo credere fermamente che l’amore che ci unisce al coniuge non parte dalle nostre carenze ma da una traboccante pienezza: il dono d’amore ricevuto da Cristo. Riscoprire la propria sessualità nel matrimonio diventa per un credente, un “bene” necessario da ricercare. E come tutte le cose importanti, anche questa richiede fatica e volontà. Ma portiamo nel cuore la consapevolezza che ritrovato il cammino, si ritrova la pace per poter “gustare” nella pienezza lo sposo che il buon Dio mi ha affidato e insieme aprirci ad una fecondità che supera il corpo fino a raggiungere la santità. C’è, dunque secondo voi, amico di letto che possa contenere in sé questo grande mistero d’amore?




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