Una scuola per genitori? Sì, perché la genitorialità è un’arte e come tutte le arti si impara

Famiglie in crisi, genitori vittime di figli prepotenti e autocrati. Di fronte alle tragedie che sempre più spesso coinvolgono i nuclei familiari, dovremmo domandarci chi aiuta i genitori a fare i genitori?

Genitori nuovi perseguitati di oggi, mentre i figli si impongono come i padroni di casa, sempre più ipercritici e in grado di mettere alle corde papà e mamma. È quanto emerge da un’indagine realizzata da All Inclusive, la trasmissione radiofonica di Paolo Monesi, in onda su Radio One-O-One che ha intervistato 668 genitori, uomini e donne, con almeno un figlio in casa di età compresa tra i 16 e i 28 anni. E i risultati sono sorprendenti. La crescita dei figli, che ormai rimangono adolescenti e casalinghi sino a trent’anni e oltre, cambia i rapporti nelle famiglie. Quelle in cui concordia, unità e armonia regnano sovrane sono sempre meno: solo una su dieci (12%), almeno a sentire i genitori. I principali nodi dello scontro? Il telecomando, i gusti musicali, ma anche la tavola, l’abbigliamento e naturalmente le scelte di vita.

Il risultato di questa indagine mi dà lo spunto per riaffermare che la genitorialità è un’arte e come tutte le arti si impara con fatica. Ma quale istituto, ente o persona risponde alle domande dei genitori? Di fronte al cambiamento delle epoche, delle mode, alle grandi rivoluzioni del pensiero moderno, chi risponde alle istanze di mamme e papà che non sanno cosa dire o come gestire la relazione con i propri figli? A questo proposito ripenso alla Scuola per genitori, un’esperienza che abbiamo proposto alcuni anni fa e che ha prodotto ottimi risultati. Una scuola per genitori non deve offrire pacchetti educativi preconfezionati o manuali del genitore perfetto: sappiamo che non esiste un genitore perfetto. Una buona scuola deve aiutare la famiglia a riflettere su se stessa, accendere una luce sulle dinamiche interne che strutturano comportamenti e atteggiamenti nel figlio e che spesso possono determinare difficoltà di ogni ordine e grado.

Vi propongo dunque l’esempio di Teresa e Francesco, sposi da 14 anni e genitori di due figli. Una proposta come quella di una scuola mette in crisi, chiede di modificare atteggiamenti e abitudini. Non tutti sono disposti a farlo, Teresa e Francesco hanno accettato la sfida. È Teresa, insegnante di matematica, a raccontarci come è nata in loro l’esigenza di riflettere sul compito educativo e cosa, grazie alla scuola, hanno aggiunto nella bisaccia per il viaggio dell’avventura genitoriale.

L’esigenza di frequentare la scuola è nata dal bisogno di trovare come famiglia e come coppia, una modalità idonea per rispondere alle inevitabili questioni familiari che si generano tra genitori e figli. Siamo una coppia affiatata, ma abbiamo modi di pensare differenti, dovuti alle diverse esperienze vissute, all’educazione differente ricevuta dalle famiglie di origine, e circa la questione educativa prendevamo posizioni distinte e distanti. La cosa più importante che abbiamo capito negli incontri della scuola è che non avevamo né una mappa, né un metodo, né un progetto educativo unitario e condiviso nei confronti dei nostri figli, ma, ognuno si comportava secondo un progetto personale conforme a quello ricevuto nella famiglia d’origine e/o alla logica della cosa migliore da fare in una situazione tipo.

La nostra è una famiglia abbastanza tranquilla. Nella quotidianità sono in genere io ad assumere le vesti dell’autorità, sono abbastanza normativa e cerco di far rispettare delle regole precise ai miei figli. Mio marito è, invece, più arrendevole, spesso contraddice le mie regole, il mio modo di essere davanti ai nostri figli. La difficoltà più grande che viviamo nello svolgere il compito educativo è proprio quella di presentarci ai nostri figli in notevole disaccordo sulle questioni che li riguardano.

Dopo la scuola abbiamo capito che questo è un grave errore. Oggi cerchiamo, attraverso il dialogo di coppia, di avere maggiore unità di intenti e di trasmettere ai nostri figli un modello educativo condiviso, che tenga conto anche delle loro esigenze e della realtà in cui essi vivono. Ovviamente non mancano le difficoltà, gli ostacoli e non sempre riusciamo nell’intento.

Un altro messaggio importante che abbiamo compreso dalla scuola è l’accettazione dei figli così come sono o come potranno essere. Talvolta cerchiamo di farli diventare come noi vorremmo che fossero e, senza volerlo, manchiamo loro di rispetto, li facciamo sentire inadeguati, sbagliati addirittura. Per il resto i figli sono un dono di Dio e come genitori abbiamo innanzitutto il dovere di affidarli alle Sue mani e di pregare per loro”.




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Giovanna Pauciulo

Sposa e madre di tre figli, insieme al marito Giuseppe è referente della Pastorale Familiare per la Campania, ha conseguito il Master in Scienze del Matrimonio e della Famiglia presso il Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II. Conduce su Radio Maria la trasmissione “Diventare genitori. Crescere assieme ai figli”. Collabora con Punto Famiglia su temi riguardanti la genitorialità e l’educazione alla fede dei figli. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato: Vivere la Prima Eucaristia in famiglia (2018), La Prima Comunione di nostro figlio (2018).

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