CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

La morte segna la fine del matrimonio?

16 Aprile 2018

tristezza

Al termine di un ritiro residenziale dedicato alle persone vedove, don Silvio scrive a Pino, vedovo e coordinatore di questo particolare ambito della Fraternità di Emmaus: “Molti sono convinti che la morte del coniuge segni la fine dell’avventura nuziale. Nella prospettiva della fede il coniuge defunto è colui che ha già raggiunto la meta. L’avventura nuziale non è finita, anzi”.

Caro Pino,

ti ringrazio per le parole di gratitudine che hai voluto donarmi al termine del nostro cenacolo [ritiro residenziale, ndr] dedicato alle persone vedove, accolgo con gioia la richiesta di farti avere quanto prima le catechesi per continuare la meditazione e approfondire questi temi che sono così importanti non solo per chi, come voi, vive la stagione della vedovanza ma anche per tutta la comunità ecclesiale.

Nel giorno delle nozze auguriamo lunga vita agli sposi. Ma noi sappiamo bene che, anche se durasse sessant’anni, il cammino nuziale conduce ciascuno all’incontro con Cristo. È questa la meta! Guai a noi se dimentichiamo il traguardo! Gli sposi devono sostenersi reciprocamente nel faticoso cammino della vita ma devono anche aiutarsi l’un l’altro a custodire il desiderio dell’eternità in cui tutto trova compimento. Se il cammino della vita conduce all’incontro definitivo con Cristo, gli sposi hanno il preciso dovere di aiutarsi per raggiungere questa meta.

Di queste cose, purtroppo, si parla troppo poco. Anzi, dobbiamo registrare un sostanziale silenzio. Lo stesso silenzio che circonda il tempo della vedovanza. Molti sono convinti che la morte del coniuge segni la definitiva separazione e quindi la fine dell’avventura nuziale. Nella prospettiva della fede il coniuge defunto è colui che ha già raggiunto la meta. L’avventura nuziale non è finita, anzi ci sono ancora tanti altri passi da fare prima di trovare il suo legittimo compimento nella beata eternità. Il ricordo del passato, quando l’amore è stato vissuto tra le ombre e le fatiche della vita, s’intreccia così con il desiderio di quel nuovo incontro che avverrà nella luce senza tramonto.

Il cenacolo che abbiamo vissuto in questo ultimo fine settimana è solo un piccolo segno del nostro sincero affetto nei confronti delle persone vedove. Non è solo un segno di quella compagnia che la Chiesa deve saper offrire a tutti, specie a coloro che vivono nel tempo della solitudine e della prova; ma è anche un annuncio di fede, risponde alla necessità di comunicare a tutti quella Parola capace di rischiarare ogni stagione della vita.

La nostra Fraternità desidera accompagnare le persone che vivono il tempo della vedovanza perché nessuno deve essere o sentirsi solo. Quella solitudine, che scaturisce dalla forzata separazione coniugale, non è necessariamente un male. Fa male ma non è in se stessa un male. È una solitudine che ferisce e addolora ma può anche diventare uno spazio abitato da Dio. Chi sperimenta l’assenza della persona con la quale ha scommesso di condividere tutta la vita, evidentemente soffre. Ma questo dolore può essere fecondo, può generare una nuova e più generosa apertura alla grazia. Insomma, quell’assenza può essere riempita da un’altra Presenza.

Tante volte il dolore ci pone nelle condizioni di cercare Dio in una forma ancora più intensa perché ci rendiamo conto che Lui solo può rispondere al nostro bisogno di amore. Questa è la scommessa della fede. Questa è la certezza della fede. In ogni solitudine c’è un silenzioso appello a cercare Dio. Beati coloro che non riempiono la solitudine di cose e di chiacchiere vuote, ma sono disposti a riempirla di Dio. Anzi, si lasciano riempire da Dio.

Il cenacolo che abbiamo appena vissuto vuole aiutare i vedovi a non mettere nel cassetto della memoria i sogni nuziali ma a viverli nella luce di quella promessa che proprio nei giorni della Pasqua risplende con maggiore intensità. Se Cristo è risorto, anche noi risorgeremo in Lui. E se risorgeremo vuol dire che il cammino nuziale… continua. La vedovanza non segna la fine ma rappresenta una nuova e più faticosa tappa dell’avventura nuziale.

Grazie a te, caro Pino, per aver accolto il mio invito e per aver deciso di svolgere questo ministero a servizio delle persone vedove. Il Signore ti conceda di vivere la tua vedovanza in questa cornice luminosa e di offrire anche ad altri questa testimonianza. Un caro saluto.

don Silvio

Per info sulla proposta di fede della Fraternità di Emmaus dedicata ai vedovi contattare Pino Cutolo: pinocutolo@tin.it

 




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