Sessualità

Sex addiction o ipersessualità: quando il piacere diventa sofferenza…

confusione

di Ida Giangrande

Cos’è la dipendenza sessuale? Come riconoscere i disturbi? Lo abbiamo chiesto a Tonino Cantelmi, psicologo, psicoterapeuta e coordinatore scientifico della “Comunità Sisifo” struttura specializzata nel trattamento delle dipendenze.

In che cosa consiste la dipendenza da sesso?

La dipendenza da sesso o sex addiction porta il soggetto che ne è affetto a focalizzare i propri pensieri e i propri comportamenti nella ricerca della soddisfazione del piacere sessuale. Con il termine sex addiction si indicano una vasta gamma di comportamenti, che vanno dalla masturbazione compulsiva, alla promiscuità sessuale, al ricorso a sesso a pagamento, all’utilizzo eccessivo di materiale a contenuto pornografico. Si può parlare di dipendenza quando la disordinata ricerca di incontri sessuali anonimi comporta un dispendio di tempo così elevato da portare alla compromissione della vita privata, della carriera, del benessere e della salute fisica.

Quali sono i sintomi di questo disturbo? Come riconoscerlo?

Il disturbo si caratterizza per la presenza di ricorrenti ed intense fantasie, impulsi e comportamenti sessuali. Tuttavia, per poter parlare di dipendenza da sesso, occorre che la quantità di tempo dedicata alle fantasie e agli impulsi sessuali o alla pianificazione o azione degli stessi, sia giudicata eccessiva e che l’intensificazione dei comportamenti sessuali disfunzionali sia correlata a stati dell’umore disforici (ad es. ansia, depressione, noia, irritabilità) ed eventi di vita stressanti.

Spesso inoltre, il dipendente sessuale si trova a sperimentare vissuti di incapacità e tentativi fallimentari di controllare o ridurre significativamente queste fantasie, impulsi o comportamenti e a reiterare quindi il comportamento nonostante i rischi di danni fisici o emotivi per sé o per gli altri.

Possiamo indicare percentuali di diffusione del fenomeno almeno in Italia?

I primi casi documentati di dipendenza sessuale possono essere rinvenuti sui testi di medicina sin dal 1800, nonostante i duecento anni di scritti sull’argomento, però, si fa spesso ancora fatica nel distinguere un comportamento sessuale normale da uno anormale ed individuare con precisione se e quando sussista una reale perdita di controllo da parte dell’individuo, vista anche la rilevanza dell’influenza culturale nella genesi e nel decorso di una simile patologia. Attualmente si parla di una prevalenza nella popolazione generale italiana che oscilla tra il 3 e il 6%.

È possibile tracciare un profilo tipo del potenziale sex-addict?

Spesso chi soffre di dipendenza sessuale non si rende conto di avere un problema, finché i suoi comportamenti compromettono la vita quotidiana. Nelle prima fasi il sex addict può ancora sperimentare prevalentemente sensazioni positive e piacevoli collegate alla propria vita sessuale ma, con il passare del tempo, perde sempre di più il contatto emotivo con se stesso e con gli altri, e con esso il controllo dei propri comportamenti. Alla fine la ricerca del sesso diviene un rituale al quale non sono più associati i sentimenti piacevoli di un tempo ma, molto spesso, prevalentemente emozioni negative. Lentamente cominciano a dipendere dal processo di dipendenza per ottenere una sensazione di soddisfazione, non riuscendo più a fare a meno dei comportamenti sessuali o dei rituali ad essi associati. Il sesso e la sua ricerca divengono, quindi, i bisogni fondamentali rispetto ai quali tutto il resto viene sacrificato.

Quanto il sempre più facile accesso alla pornografia influisce su questo tipo di disturbo?

Sicuramente la tecnologia e di conseguenza il sempre più facile accesso al materiale pornografico ha un ruolo significativo nell’insorgenza e nel mantenimento di questa dipendenza, tanto che si può parlare di dipendenza da cybersesso come sottocategoria della dipendenza sessuale, fenomeno in costante crescita che ha suscitato grande interesse tra gli esperti ma necessita ancora di studi e approfondimenti.

Alcuni studi confermano che l’esposizione prolungata a contenuti di natura pornografica modifica la struttura del cervello o ne compromette il normale sviluppo. È vero? Come agisce la pornografia sul sistema neurologico di un adulto?

Sicuramente l’esposizione prolungata a questo tipo di materiale può modificare il nostro cervello. La dipendenza è sicuramente il risultato sia della psicologia in senso stretto che della biologia: l’uomo, infatti, memorizza ed impara quanto piacere o benessere ha ricevuto dopo un particolare stimolo, se conveniente, tende a ripetere l’azione. Questo processo a livello cerebrale si traduce in modificazioni dei livelli dei recettori della dopamina che in determinate aree possono essere più vulnerabili alle dipendenze, compresa quella sessuale. Così si inducono modificazioni cerebrali e comportamentali.

Inoltre i sistemi che potrebbero subire delle modificazioni sono quello della motivazione: i comportamenti finalizzati alla sopravvivenza danno gratificazione, piacere; i comportamenti da abuso danno gratificazione e sono interpretati dal soggetto dipendente come comportamenti di sopravvivenza. Quello della regolazione affettiva: alcuni circuiti cerebrali regolano lo stato emotivo generale; questo sistema ci offre una finestra di normalità nel tono dell’umore e dell’affettività e regola la nostra emotività in modo positivo rispetto all’ambiente esterno e allo stato del nostro organismo. Quello di inibizione del comportamento: l’attività di altri circuiti neurotrasmettitoriali ci consente di prevedere le conseguenze della nostre azioni. Tuttavia, se sappiamo che un comportamento può darci una gratificazione immediata, questo potrebbe sfuggire al controllo inibitorio anche con la consapevolezza di eventuali conseguenze negative. In conclusione, se c’è una anomalia di funzionamento in uno o più di questi sistemi, allora si rischia fortemente una caduta nella dipendenza.

Lo stesso processo vale anche per gli adolescenti?

L’impatto dell’esposizione a contenuti pornografici è diverso nel cervello di un adolescente. Alcune aree non sono infatti ancora del tutto formate e vi è una maggiore plasticità cerebrale che potrebbe portare ad una probabilità più alta di modificazioni cerebrali e dunque ad un rischio più elevato di cedere alla dipendenza.

Sappiamo che lei ha aperto un struttura specializzata nel trattamento di questo disturbo…

Sì, la Comunità Terapeutica Sisifo, dal mito greco secondo me più rappresentativo del vissuto di dipendenza che racconta dell’eterna dannazione di Sisifo, condannato a spingere un masso dalla base alla cima di un monte, senza mai riuscirci.

L’esigenza di aprire questa struttura nasce dalla carenza nel panorama nazionale di percorsi di cura efficaci e mirati per le dipendenze comportamentali tra cui, oltre alla dipendenza sessuale, troviamo il gioco d’azzardo patologico, la dipendenza da internet, la dipendenza affettiva, shopping compulsivo e workhaholism (dipendenza da lavoro).

L’obiettivo del progetto Sisifo è quello di offrire un percorso terapeutico-riabilitativo caratterizzato da un approccio integrato che permetta ad ogni paziente, nella sua unicità, di essere accolto sia nelle fasi di sofferenza acuta, in regime residenziale, sia nelle fasi successive con percorsi brevi residenziali e ambulatoriali.

Se leggendo l’articolo qualcuno riconoscesse uno o più sintomi a chi può rivolgersi?

La dipendenza sessuale è una patologia complessa e invalidante che dunque difficilmente può essere affrontata da soli. Consiglierei di rivolgersi a centri specializzati come il nostro e a professionisti del settore che possano fornire supporto e strumenti adatti ad affrontare la difficile lotta contro la dipendenza.

Possiamo prevenire questo disturbo? Come? Quale ruolo ha la famiglia?

Sicuramente la famiglia svolge un ruolo fondamentale nel percorso di cura del dipendente sessuale. Nella nostra esperienza clinica infatti abbiamo riscontrato come fondamentale il coinvolgimento delle compagne dei dipendenti sessuali in terapia, la cui collaborazione si è spesso rivelata come la più grande risorsa per uscire da questa dipendenza.

Riguardo la prevenzione sicuramente vi è la necessità di interventi mirati a promuovere la salute e il benessere anche per ciò che concerne la sfera sessuale. L’educazione sessuale si presenta quindi come un cardine nella prevenzione di questa dipendenza. Lo sviluppo di una sana sessualità infatti risulta essere fondamentale affinché l’educazione sessuale possa davvero contenere una dimensione preventiva evitando di divenire un insieme di nozioni incapaci di accompagnare la persona nel perseguimento del proprio benessere.

La prevenzione della dipendenza sessuale può passare ad esempio attraverso interventi educativi tesi a promuovere abilità e competenze specifiche come quelli tesi a favorire il riconoscimento e la gestione delle emozioni. Una delle difficoltà che conduce il soggetto a trovarsi in una situazione di dipendenza sessuale è proprio l’incapacità di riconoscere le proprie emozioni, gli stati d’animo, i sentimenti. Interventi educativi tesi a favorire l’acquisizione di competenze comunicative e sociali fondate sull’assertività. Promuovere interventi educativi volti a favorire la costruzione di relazioni interpersonali sane e volti a promuovere una positiva immagine di sé. E infine, interventi educativi tesi a sviluppare una sana sessualità; questo tipo di intervento educativo dovrebbe accompagnare la persona dall’infanzia all’età adulta. Non è un caso che una delle difficoltà maggiori dei dipendenti sessuali sia proprio quella a parlare di sesso e delle problematiche ad esso connesse. Un progetto educativo che non tenga conto di questa sfera fondamentale della vita umana non può dirsi completo e di conseguenza capace di favorire il benessere integrale della persona e di promuoverne la salute. In tal senso l’educazione sessuale si presenta come un cardine nella prevenzione della dipendenza sessuale.

Per info sulla Comunità Sisifo clicca sul seguente link: http://comunitasisifo.it/




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