Lutto

La morte di una persona cara: un tunnel da cui è possibile uscire

tristezza

di Carolina Rossi, psicologa e psicoterapeuta

Inattesa o già annunciata la morte di una persona cara è sempre un evento traumatico. Come affrontare il lutto? Cosa fare per aiutare chi sta vivendo questo dolore?

Non siamo mai pronti a lasciar andare o a perdere qualcuno! La morte è uno degli eventi critici della vita più duro da affrontare e superare. È doloroso, troppo doloroso, soprattutto quando a determinarla sono gravi e lunghe malattie, perdite improvvise e ancor di più quando un nostro caro viene a mancare in momenti in cui, secondo le “normali” tappe del ciclo di vita, non è naturale che accada. La perdita di un giovane figlio, la morte precoce di un genitore, o peggio ancora il suicidio di un padre o di una madre, sono esperienze altamente traumatiche e destabilizzanti.

Di fronte al tema del lutto e ad eventi critici innaturali così importanti il tumulto di emozioni è vasto, soverchiante e sembra quasi ingovernabile. Il diretto impatto con la caducità della vita genera un immobilizzante senso di impotenza. In realtà nonostante le emozioni che viviamo siano estremamente faticose noi tutti siamo naturalmente in grado di elaborare gli eventi di perdita e dunque avviare il lutto in modo naturale verso la risoluzione. Ciascuno di noi ha tempi soggettivi e mediamente quasi tutti, dopo circa due anni da una perdita, riusciamo a riprendere a vivere integrando il dolore nel nostro sé, senza avvertire più nel presente il turbamento.

Questo tempo evolutivo si caratterizza per alcuni importanti e inevitabili passaggi, fasi e rituali che è bene conoscere perché ci orientano e ci fanno comprendere che il lutto può essere come un tunnel, alla fine c’è la luce.

Al momento della notizia della morte di una persona cara l’esperienza principale è quella della disperazione; sensazioni di stordimento caratterizzano questa fase di shock che può durare da qualche ora a qualche giorno con importanti emozioni di rabbia e dolore. Questa però può essere anche una fase in cui la mente, per difendersi, può mettere su meccanismi di negazione o di evitamento del ricordo dell’evento proprio per aggirare il dolore. Tali meccanismi difensivi sono soprattutto utilizzati dai bambini. Dobbiamo aiutare chi vive questa fase a parlare di quanto sta provando per permettere alla persona, adulto o bambino che sia, di riconoscere e validare le proprie emozioni di dolore.

In un secondo momento, la persona prende atto della realtà della perdita, oscillando tra angoscia e disperazione da un lato e rifiuto di questa consapevolezza dall’altro, nutrendo in sé la speranza che la persona morta possa ritornare. Questa fase è molto più ampia in ordine di tempo, può infatti durare da qualche mese a qualche anno e a livello psicologico può caratterizzarsi con senso di irrequietezza e con preoccupazione eccessiva verso il proprio caro che non c’è più. Accogliere il sentimento di rabbia vissuto dall’adulto o dal bambino può permettere loro di esprimere quest’emozione senza provare sentimenti di colpa.

Successivamente la persona comincia a prendere consapevolezza dell’accaduto. È una fase in cui si oscilla tra disperazione ed apatia, la persona comincia ad accettare la perdita ma tende a chiudersi in se stessa, a diventare apatica ed indifferente, tante volte non riesce a dormire, perde peso, sente quasi che la propria vita abbia perso di significato, dunque non riesce a provare interesse per i progetti futuri. La grande delusione è comprendere che della persona morta ciò che resta sono solo i ricordi e che nulla potrà cambiare la realtà e quanto accaduto. La paura poi che accompagna questa fase è quella di dimenticare il proprio caro. È questo il tempo nel quale occorre aiutare la persona a mantenere vivo il ricordo attraverso racconti di momenti di vita passati insieme. Con i bambini si può proprio fare la ricostruzione anche attraverso foto e disegni di bei momenti trascorsi insieme per aiutarli a conservare il positivo di quella relazione.

Solo dopo queste fasi possiamo considerare l’elaborazione del lutto quasi conclusa: si inizia ad attuare una riorganizzazione interna ma anche esterna della propria vita, più adeguata alla realtà. Il dolore comincia a ridursi e la persona si avvia a recuperare gradualmente interesse verso un minimo di progettualità che lo vede non più impegnato nella ricerca della persona che non c’è più o nel nutrire la speranza di un ritorno. I ricordi dei momenti belli trascorsi insieme sono più limpidi, accessibili e riescono a dare energie per proseguire la propria vita consentendo piano piano un ritorno alla normalità. La persona cara e la sua immagine vengono vissute internamente sia con emozioni di gioia che di tristezza.

Questo è quanto avviene in una persona che riesce “naturalmente” a rielaborare il lutto. Tuttavia sappiamo che ciascuno rielabora la sofferenza con tempi differenti e soprattutto con intensità differenti, anche influenzato dalle proprie esperienze di vita e dai valori di riferimento.

Può accadere che non tutti riescano a vivere queste fasi in modo fluido; a volte si rischia di restare bloccati per lungo tempo in una fase senza riuscire ad accettare l’accaduto per poter proseguire il cammino della propria vita. Le emozioni di dolore, tristezza e disperazione possono rimanere in più momenti bloccate dal tentativo, anche inconsapevole, della persona di evitare di star male; alcune volte si finge di essere forti per non esprimere quanto si vive dentro. Proprio questo può rallentare il processo di rielaborazione, far aumentare la tensione psicologica ed alimentare uno stato emotivo alterato.

In questi casi si parla di lutto irrisolto, dove la persona non accettando l’evento luttuoso può reagire reprimendo il dolore. Ci si impone di voltare pagina, di reagire in fretta, mostrandosi forti per non far soffrire gli altri, magari anche per non mostrare le proprie fragilità ai figli o chiedere aiuto, non riconoscendo ed accogliendo il grande dolore della perdita. Con il tempo però in questo caso possono esserci delle conseguenze: apatia, depressione, nostalgia del passato, rifiuto del cambiamento e delle novità, rassegnazione ad una vita socialmente ed affettivamente ritirata. In questi casi è bene aiutare la persona a chiedere aiuto per promuovere il processo rielaborativo in uno spazio terapeutico adeguato, dove ha la possibilità di esprimere pensieri ed emozioni, accettare la perdita e riscoprire la propria forza e le proprie energie interiori.

In conclusione dobbiamo dire che un ruolo prezioso e fondamentale è rivestito dalla rete di relazioni familiari, amicali e sociali. È proprio qui che di fronte ad eventi luttuosi simili, la relazione affettiva, anche non professionale, può fare la sua parte, ossia buone relazioni di vicinanza e di supporto possono aiutare la persona che vive il lutto a non cadere nel circolo vizioso della solitudine, della depressione e della rassegnazione in una vita sospesa!

Chiudo con una citazione che ben rappresenta quanto accade in questi eventi:

Quando la tempesta sarà finita, 
probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. 
Anzi, non sarai neanche sicuro sia finita per davvero. 
Ma su un punto non c’è dubbio. 
Ed è che tu, uscito da quel vento, 
non sarai lo stesso che vi è entrato.
(Kafka sulla Spiaggia di Haruki Murakami)




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