Vita

“Non posso, non posso far nascere anche questo bambino. Che vita avremmo tutti quanti?”

gravidanza

di Paola Bonzi

Una vita spesa a fuggire dalla solitudine, alla ricerca di affetti sinceri e duraturi, poi una gravidanza inaspettata, la paura del domani, il dubbio, e infine…la speranza della vita che nasce. Dal Cav della Mangiagalli di Milano, la storia di Lisa.

Tra qualche giorno festeggerò nel mio cuore un compleanno speciale, quello di Luca, arrivato ai suoi tre anni di vita. Luca è il bambino che Lisa, sua madre, non voleva perché la sua situazione economica era veramente drammatica.

Era arrivata da me un giovedì: “Vorrei proprio che lei mi ascoltasse. Sono incinta e non posso, non posso davvero far nascere questo bambino. Ho trovato l’indicazione della vostra associazione su internet e ciò mi ha incuriosito, per cui ho voluto provare a parlare con voi”.

Eravamo nel mese che in tanti considerano il più triste dell’anno, novembre, quando, se non c’è il sole dell’estate di San Martino, tutto è solo in bianco e nero.

In città le foglie gialle, arancioni che colorano i giardini e i boschi, non ci sono e spesso l’aria è fitta di goccioline di umidità. Lisa infatti è tutta rattrappita e, anche se nella mia stanza c’è caldo, non si toglie il suo giaccone, che sembra volerla nascondere al mondo. La sua disperazione prende a rotolare rapidamente nella stanza come una biglia e colpisce anche me.

“Immagino che non risolverò niente, almeno mi sarò sfogata un po’. Mi sento sola al mondo, anche se ho la mia bimba Giulia per cui darei la vita. Quando sono nata, la mia mamma mi ha lasciato per tre mesi al brefotrofio, perché portarmi a casa sarebbe stato impossibile, così come continuare a lavorare. Il padre dei miei fratelli non è il mio e quindi le relazioni in casa erano drammatiche. La mamma si stava oltretutto ammalando di una malattia (sclerosi multipla) che la stava lentamente portando verso la sedia a rotelle. So che una coppia avrebbe voluto adottarmi ma, quando la suora l’ha comunicato a mia madre, lei mi ha portato via. Ero una bambina sola, senza coccole, che faceva da cenerentola. I miei fratelli invece no, si potevano permettere anche i capricci che venivano regolarmente soddisfatti. Appena ho potuto sono andata via di casa e ho cominciato a girare il mondo, lavorando anche senza soddisfazione per potermi mantenere. Così ho incontrato Joseph, che anche ora, dopo tanto male ricevuto, continua a suscitare in me grandi emozioni. Ci siamo sposati, è nata Giulia ma, quando lei aveva tre anni, se n’è andato disprezzandomi. Avevo un grande amico, Mario, al quale confidavo tutto il mio dolore. Abbiamo messo insieme le nostre due solitudini, ed eccomi qua, incinta di un bambino che lui non vorrà mai vedere”.

Come è difficile la vita, penso. Difficile per tutti ma, per qualcuno, ancora di più. Lisa mi racconta anche che ha tentato di acquistarsi una stanza, 15 metri quadrati, ma che non riesce più a pagare, perché la piccola azienda dove lavorava ha chiuso definitivamente i battenti. La casa oltretutto è umida e Giulia è sempre malata. La guardo e la vedo come l’ultimo fotogramma di un film pieno di disavventure. Deve andarsene dalla casa, che è stata messa all’asta dalla banca. Deve anche badare alla mamma, perché, nonostante tutto, è l’unica ad occuparsene. Il sabato e la domenica tenta di fare i mercatini dell’usato ed è proprio la domenica dopo il nostro incontro, che mi telefona per piangere tutte le sue lacrime.

Ricordo quella conversazione attimo per attimo: “Dopo essere stata da lei giovedì, mi sono sentita meglio – mi dice – e le sue parole, confortandomi un po’, mi hanno fatto credere che con il vostro aiuto avrei potuto portare avanti la gravidanza. Ho accettato questo progetto sentendo dentro di me che qualcosa di bello poteva anche succedere. Ma tra ieri e oggi, cercando di vendere ciò che esponevo sul banco, ho raccolto solo un gran freddo, che mi è penetrato nelle ossa, la preoccupazione per Giulia, affidata a mia madre e alla sua badante, e 45 euro in tasca. Non posso, non posso far nascere anche questo bambino. Che vita avremmo tutti quanti?”.

Faccio un secondo tentativo e mi sento una specie di Don Chisciotte che lotta contro le ali della sofferenza. “Abbiamo una casa per mamme sole, dove potrebbe stare con Giulia – le dico – lì non si paga niente. In più potrebbe venire a lavorare per 2/3 giorni alla settimana a casa mia. Sono sicura che lei sia bravissima e potrebbe portarsi la piccola. Ciò che guadagnerà potrà essere messo da parte per un futuro più bello”.

Lisa resta in sospeso. Sento qualche singhiozzo, ma mi sembra di vederla asciugarsi gli occhi: “Le assicuro che, se questo bambino nascerà, l’avrò fatto per lei”.

Così la gravidanza è andata avanti. Io speravo con tutte le mie forze in una gestazione bella e gratificante, ma non è andata così. Quando è nato, il piccolo Luca era cianotico. È stato immediatamente portato in rianimazione e sono stati momenti difficili. Lisa che nel frattempo aveva cominciato a chiamarmi mami, mi raccontava di averlo amato da subito ed era disperata per la sua salute.

Dopo le dimissioni dall’ospedale è cominciata un’altra fase della vita di questa ragazza: non riusciva più a stare nella casa con le altre mamme, la malattia della madre peggiorava e così prese una decisione. “Mami, non ce la faccio più, ho bisogno di stare da sola con i miei figli e di rimettermi in sesto”. Abbiamo trovato una casa per lei vicina all’abitazione della madre e i bambini son cresciuti bene. Anche se per Lisa è molto dura. Ha dovuto accettare l’ennesima sfida della sua vita. “Non posso contare solo su di te, anche se sei la mia mami che mi pensa e mi ricorda come la figlia più piccola della famiglia. Voglio provare a farcela da sola!”.  E così ha trovato lavoro in una gelateria. Ora non so più quando telefonarle, lavora dalle 6.30 del mattino fino alle 11.00 di sera. Il piccolo Luca sente un po’ la sua mancanza e quando glielo portano in gelateria, le slaccia il grembiule e le dice: “Finito lavoro mamma!”. Non sono tutte rose e fiori, gli impegni sono tanti, tutti da mantenere. Lisa però si è aperta la strada della autonomia e lo fa soprattutto per i suoi figli. Quando la sento è sempre stanca, ma nella sua voce c’è una piccola nota di soddisfazione e di allegria.




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