
La premessa del cammino
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 6,7-15)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».
Il commento
“Pregando, non sprecate parole come i pagani” (6,7). La preghiera che Gesù insegna non si manifesta attraverso la molteplicità delle parole ma si nutre di silenzio e di amore. La preghiera verbale ci vede nelle vesti del protagonista, siamo noi gli attori di quel dialogo misterioso che unisce Cielo e terra. Il silenzio, invece, ci chiede di stare dinanzi a Dio come mendicanti che attendono e accolgono una parola. Pregare non significa riempire il tempo con formule preconfezionate ma incamminarsi nei sentieri misteriosi che conducono sulla santa montagna, senza sapere quando Dio manifesterà il suo volto. Con l’umiltà di Elia che incontra Dio nel mormorio del vento (1Re 19,12). Pregare non significa fare qualcosa ma attendere Qualcuno. Significa semplicemente bussare alla porta del Mistero. Non tutti sono disposti a vivere un’esperienza come questa e molti si ritirano prima ancora di cominciare. Le parole sono utili e necessarie, servono per manifestare la fede e il desiderio di Dio, raccolgono e consegnano al Padre intenzioni e necessità, nostre e degli altri. E tuttavia, Gesù insegna a usare poco le parole per fare della preghiera il luogo in cui risuona l’eterna Parola, quella che all’inizio dei tempi ha creato ogni cosa e che in ogni tempo è capace di dare vita anche ai morti (Gv 5,25). Il silenzio è la premessa e la condizione di quel cammino interiore che si chiama preghiera.
Oggi vi invito a pregare con le parole di un monaco certosino che ha lasciato una traccia luminosa della sua esperienza orante: “Mio Dio tu sei essenzialmente al di là di tutte le mie idee e di tutte le mie parole. Tra ciò che posso dire e il tuo Essere si estende e si estenderà sempre l’infinito abisso. Perché lodare è conoscere, e io di te conosco con verità una cosa sola, ed è che non ti conosco. Io raccolgo dunque lo slancio del mio essere per gridarti dal fondo della mia miseria: Tu sei la Grandezza che sorpassa ogni grandezza. Solo questa lode non è del tutto indegna di Te”. (Augustin Guillerand).
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