VITA

Dall’Irlanda al Piemonte: la cultura dell’aborto sembra inarrestabile

aborto

a cura della Redazione

Sono decine di centinaia i provvedimenti adottati da istituzioni di ogni ordine e grado per garantire il diritto all’aborto in tutta Europa e anche nel nostro Paese. C’è da chiedersi, ma tutelare l’aborto vuol dire tutelare la maternità? Abortire il figlio non vuol dire abortire anche sua madre?

Non c’è più limite, non c’è più freno alla cultura dell’aborto. Questo tema così delicato sembra mettere d’accordo un po’ tutti o almeno la maggioranza.

In Irlanda il riconoscimento del diritto ad abortire è stato festeggiato con una locandina senza dubbio oltraggiosa, ma poco importa quando si parla di simboli cristiani. Nella vignetta, un medico estrae da una donna stesa sul lettino un rosario e dice all’infermiera: “Missione compiuta… ostruzione rimossa”. Ricordiamo infatti che da poco in Irlanda era stato promosso un Referendum per riconoscere la legittimità dell’aborto. Il risultato era facilmente prevedibile. Non sei moderno se non sostieni l’aborto. Stessa cosa avvenuta anche in Argentina.

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Intanto nel mondo sono decine di centinaia i provvedimenti adottati da istituzioni di ogni ordine e grado per garantire il diritto all’aborto, anche nel nostro Paese che, per inciso, vanta uno degli indici di denatalità più alti in Europa.

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Ebbene sono nove i mesi di condanna e altrettanti di interdizione dai pubblici uffici per il ginecologo Salvatore Felis, obiettore di coscienza, in servizio all’Ospedale San Martino. Il 19 aprile 2014 si rifiutò di cooperare alla procedura per completare un aborto farmacologico non eseguendo le ecografie previste per verificare l’efficacia della pillola abortiva. Per il Tribunale di Genova, la libertà di coscienza è un diritto sì, ma riservato evidentemente alle donne che scelgono di abortire, non estensibile ai medici e meno ancora ai farmacisti.

È stata assolta infatti Elisa Mecozzi, la farmacista che cinque anni fa durante il turno di notte rifiutò di vendere la “pillola del giorno dopo” a una cliente in una farmacia di Monfalcone. Attenzione però questo non significa che la giustizia italiana riconosca il diritto all’obiezione di coscienza per i farmacisti. L’assoluzione è avvenuta sulla base dell’articolo 131 bis del Codice penale, quello che prevede cioè l’esclusione della punibilità per la “particolare tenuità dell’offesa”, ovvero “l’esiguità del danno o del pericolo” derivante da un comportamento illecito. Non si tratta dunque di una difesa del diritto all’obiezione di coscienza.

Va ancora peggio se diamo uno sguardo a quello che sta accadendo in Piemonte, dove il Consiglio regionale, nelle scorse settimane, con 31 sì e 12 no, ha dato il via libera al provvedimento “contraccezione gratis per tutti”. La chiamano “Indirizzi e criteri per garantire l’effettivo accesso” all’interruzione di gravidanza e per “l’effettiva applicazione” della Legge sui Consultori familiari. Eppure nel provvedimento, non c’è proprio nulla a tutela della maternità. In pratica, si parla quasi esclusivamente di rendere più accessibili le pratiche abortive e gli anticoncezionali, con un medico disponibile a effettuare interruzioni in gravidanza in ogni presidio ospedaliero e il potenziamento dei consultori per i contraccettivi. Illustrato da Marco Grimaldi (Leu), il documento chiede alla Giunta regionale d’istituire un tavolo per individuare la percentuale di obiettori presso le strutture sanitarie e la loro distribuzione per riequilibrarne il numero rispetto ai non obiettori.

Nelle strutture in cui gli obiettori superano il 50% le Asl e le Aso potrebbero trasferire i sanitari a seconda delle esigenze e – se la situazione non dovesse mutare – persino bandire concorsi riservati a medici che intendano praticare l’interruzione di gravidanza.

La delibera impegna la Giunta anche a promuovere l’accesso facilitato alla contraccezione, gratis per le donne sotto i 26 anni, dunque anche per le minorenni.

C’è da chiedersi, ma tutelare l’aborto o il diritto ad abortire vuol dire tutelare o garantire la maternità? Abortire il figlio non vuol dire abortire anche sua madre?

“L’ennesimo attacco all’obiezione di coscienza, basato su menzogne – commenta Marina Casini Bandini, presidente del Movimento per la Vita –. Nell’ultima relazione ministeriale sulla 194 si legge che il rapporto tra medici non obiettori e obiettori non è affatto un intralcio alla possibilità di praticare l’aborto. I concorsi ‘riservati’ sono un oltraggio a un diritto riconosciuto ovunque. La 194 è una legge ingiusta ma parla anche di tutela della vita umana, di colloqui dissuasivi, di trovare alternative. Tutto questo dove è finito? Sarebbe il momento di mettere mano a una riforma dei consultori perché siano liberati dalle ambiguità”.




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1 risposta su “Dall’Irlanda al Piemonte: la cultura dell’aborto sembra inarrestabile”

La legge 194 sull’aborto è una legge subdola e infida e produce conseguenze giuridiche anti vita. Le cosiddette “parti buone” della 194 sono un abbaglio per distogliere l’attenzione dal vero obiettivo che è la possibilità di sopprimere il nascituro. Ecco perché è totalmente iniqua.

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