
Senza paura di disturbare
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 6,7-13)
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
Il commento
“Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due” (6,7). La liturgia domenicale ci consegna il Vangelo della missione che possiamo considerare il paradigma essenziale dell’agire ecclesiale. Quest’esperienza suppone due aspetti complementari: da una parte la parola di Colui che manda e ciò che egli comanda; e dall’altra le scelte di coloro che si mettono in cammino. Mi soffermo sulla seconda parte. La risposta dei discepoli è ritmata da cinque verbi. Il primo è quello che regge tutti gli altri: “Ed essi, partiti [exelthóntes], proclamarono che la gente si convertisse” (6,12). Il verbo exérkomai letteralmente significa uscire. La traduzione usa giustamente il verbo partire. E tuttavia, in questo caso sarebbe stato meglio tradurre con uscire per sottolineare che la missione richiede la disponibilità a non restare chiusi nel guscio dei progetti già definiti, nell’orizzonte limitato della nostra casa e del nostro lavoro. Occorre spezzare il cerchio di una vita dove tutto è già chiaro e accettare la sfida della novità. non è facile, anzi spesso è l’ostacolo insormontabile.
È interessante anche sottolineare l’obiettivo essenziale della missione: “Proclamavano che la gente si convertisse” (6,12). Gesù non ci manda a fare quattro chiacchiere, non ci manda neppure a dialogare, siamo inviati ad annunciare la conversione, cioè un radicale cambiamento nel modo di pensare e di vivere. Una missione come questa non è indolore. Dobbiamo avere una faccia tosta e l’intima convinzione che il Vangelo è salvezza, cioè pienezza di vita. Non dobbiamo paura di disturbare la quiete privata di quelli che si sentono a posto perché pensano di aver fatto abbastanza; e di quelli che vivono nella placida rassegnazione e ritengono che sia inutile cambiare. Il Vangelo non descrive una particolare iniziativa ma chiede di fare di tutta la vita una bella notizia capace di toccare il cuore e suscitare desideri di una vita diversa da quella che offre la cultura del benessere. Questa Parola è rivolta a tutti i battezzati. Oggi chiediamo la grazia di essere e diventare missionari.
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