
Facciamo la ricreazione
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 11,28-30)
In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Il commento
“Venite a me … e io vi darò ristoro [anapaúsō]” (11,28). Sono parole che Gesù rivolge a quanti sono “stanchi e oppressi”, cioè a tutti. L’invito ad andare presso di Lui è accompagnato dalla promessa di vivere una sosta che rinfranca e ridona non solo nuove energie ma anche le motivazioni per ricominciare. L’amicizia con Gesù non ci libera dalla fatica del vivere ma rinvigorisce tutto il nostro essere; non solo ci fa stare presso di sé ma ci conduce più in alto, dona lo sguardo di Dio e dona quell’amore che permette di affrontare con gioia anche quello che a prima vista appare impossibile. L’invito di Gesù è il segno dell’infinita misericordia divina. Lui conosce bene il cuore e sa quanto siamo deboli. Abbiamo bisogno di uscire dalla quotidianità per guardare le cose con gli occhi Dio, abbiamo bisogno di salire sul monte non tanto per stare con noi stessi ma per incontrare il Dio dell’alleanza, per ritrovare Colui che ci ha chiamato e al quale abbiamo dato fiducia, per rimettere nelle sue mani la nostra vita. Non basta far riposare il corpo, abbiamo bisogno di risanare il cuore. Abbiamo bisogno di posare il capo sul cuore di Gesù, come ha fatto il discepolo nella cena che precede la passione (Gv 13,25). San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, diceva ai suoi preti: “Eserciti la cura d’anime? Non trascurare per questo la cura di te stesso, e non darti agli altri fino al punto che non rimanga nulla di te a te stesso. […] Se faremo così avremo la forza di generare Cristo in noi e negli altri”.
Negli anni ’50 il teologo Romano Guardini (1886-1968) faceva notare che il movimento che conduce l’uomo verso l’esterno (parlare, lavorare, lottare) deve essere equilibrato con un movimento che lo riconduce all’interno, che favorisce la riflessione, il ritrovare se stessi. E aggiungeva che questa necessità non è soddisfatta dalle vacanze che sono sempre più momenti turistici, non esperienza di interiorità. È tempo di fare la ricreazione, come si diceva una volta, cioè una sosta che ci rigenera come figli e ci dona il coraggio di vivere da protagonisti.
Nessun commento per “Facciamo la ricreazione”