CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

L’assenza del padre e la testimonianza di San Luigi Martin

23 Luglio 2018

(Foto: © Archive Carmel de Lisieux)

Quanto è importante la figura paterna per un figlio? Don Silvio: “Quanti figli sono orfani di padri vivi! Per contrasto ricordiamo la luminosa testimonianza di san Luigi Martin, il volto di un papà che diventa l’immagine più immediata di Dio”.

Caro don Silvio,

con il cuore colmo di emozione, come ogni anno, ma con una consapevolezza sempre nuova, ho scritto questa lettera al Padre celeste. La condivido con te e ti chiedo di ricordarmi durante la celebrazione eucaristica di domani. Portami nelle tue preghiere.

Chi ero, chi sono… quanta acqua è passata sotto ai ponti! E ora come mi sento? È un po’ che ci rifletto, e ogni volta che, in contatto con te, caro Padre, penso a questo anniversario, i miei occhi si inumidiscono e sento tutto racchiuso in una enorme gratitudine. Io non ti conoscevo, o meglio, mi avevano dato una immagine di te così austera, un Dio distruttore, terribile e potente, ma il mio cuore mi diceva:”Non è questa la strada”.

Ho vagato e cercato, ho lottato così tanto. I miei occhi di ragazzina, da poco entrata nell’adolescenza, mi facevano sognare e desiderare un mondo così lontano da me, eppure così presente e reale! C’era dell’altro da conoscere, c’era un altro Padre da cercare, io lo sentivo, e questa sensazione mi dava sicurezza. Il duro lavoro quotidiano della mia famiglia, però, mi destabilizzava a tal punto da scrollarmi con potenza di dosso ogni tipo di sogno, ogni altra realtà possibile. E cosa mi ha spinta a non arrendermi, a lottare ancora? Cosa, se non quel soffio di vita che Tu hai donato al mio essere, che mi ha permesso di conservare questa nostalgia di Te?

Eppure io un padre lo avevo, ed era duro e scontroso, ci offriva spesso inganni, tradimenti e riversava ogni suo problema su di noi. Era questa l’immagine del mio Dio in terra? Era quello il mio papà…ma come chiamare padre colui che ti fa soffrire a tal punto da non desiderare nulla di simile? Non sapevo pregare, non sapevo chiamarti, non sapevo dove cercare.

In questo vagare, in questo profondo mio dolore è stato bello constatare che Tu, Padre mio, non hai mai smesso di cercarmi, non hai mai smesso di donarti a me, non hai mai fatto mancare il tuo amore e il tuo sostegno, in mille modi, forme e volti. Ho iniziato a riconoscere la tua presenza negli angeli che tu hai posto sul mio cammino, i catechisti e i sacerdoti della parrocchia. Queste persone mi arricchivano ma puntualmente mi chiedevano di camminare da sola. E io sola non volevo stare, perché un padre lo cercavo e desideravo con tutta me stessa, e Tu eri lì a sbracciarti e col tuo sorriso sembravi volermi dire: “Non vedi che sono qui da sempre per te?”.

Mi hai educata alla solitudine e al silenzio della fede, un lavorio continuo e spesso doloroso, mi hai insegnato la fedeltà, donandomi la grazia di restare fedele nonostante la mia pochezza.

Mi guardo indietro e non mi capacito: quanto è grande il tuo amore per me, non si può immaginare! Se penso al cammino per incontrarti, ai miei sacramenti dell’iniziazione cristiana, ma anche a tutto il male che ha attraversato la mia anima e la mia vita…quanto è grande la Tua misericordia! Non ti sei stancato di aspettarmi, non hai smesso di restare alla porta, ogni tanto bussavi per ricordarmi che c’era un Padre che mi cercava. Quanto tempo hai dovuto attendere a causa della mia sordità e dei miei sbagli. Quante resistenze hai dovuto incontrare nel mio cuore, ma nei tuoi occhi nessuna accusa, solo un “TI AMO” gigantesco. Una sola cosa oggi posso dirti: grazie! Una piccola parola ma sono certa che Tu sai leggere nel mio cuore e vedere un’immensa gratitudine. Per sempre tua figlia Loredana.

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Cara Loredana,

grazie per avermi reso partecipe della tua “storia d’amore” con il Padre celeste, nelle tue parole sento il desiderio che anima, anzi che consuma, il vero credente, come l’orante biblico che prega così: “O Dio, tu sei il mio Dio, di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua”. Senza Dio siamo poca cosa, polvere vestita di… nulla, polvere che diventa polvere. Senza Dio non possiamo diventare angeli, non possiamo volare, non possiamo imparare ad amare, di quell’amore che ci rende veramente liberi. Questo Dio tu l’hai incontrato e, malgrado tutte le difficoltà, custodisci gelosamente il rapporto con Lui.

Se rileggi la tua vita non puoi non vedere la grande misericordia che ti è stata usata. L’esperienza familiare era piuttosto deficitaria, c’erano tutte le premesse per una vita in cui Dio non avrebbe trovato posto. Le cose sono andate diversamente. Il buon Dio ti ha mandato i suoi angeli, chi siano non importa. È sempre Lui che manda, bussa alla porta, cerca di intrufolarsi nella tua vita.

Nella tua vicenda personale la figura paterna è stata piuttosto evanescente, se non di ostacolo. Molti padri non si accorgono di essere assenti, quali che siano le loro ragioni. Quanti figli vivono come orfani di padri vivi! Per contrasto, permettimi di ricordare la luminosa testimonianza di san Luigi Martin, papà di santa Teresa di Gesù Bambino, di cui abbiamo da poco celebrato la memoria liturgica. “Per tutta la mia vita il buon Dio si è compiaciuto di circondarmi di amore: i miei primi ricordi sono pieni di sorrisi e di carezze tenerissime!”: così scrive Teresa all’inizio della sua Storia di un’anima. Luigi era ben presente in casa, gli piaceva giocare con le figlie più piccole, come racconta la moglie, santa Zelia: “Sono le nove, le piccine sono salite a coricarsi. Questa mi sembra una cosa buona, perché ne hanno fatto di baccano… Persino tuo padre vi si univa, non c’eravamo che Leonia ed io a stare tranquille come statue” (LF 188). Dopo la morte della mamma, Teresa visse un periodo di grande tristezza ma proprio in quel momento sperimentò tutta la forza terapeutica dell’amore genitoriale: “Continuavo ad essere circondata dalla tenerezza più delicata. Il cuore così tenero del Papà aveva unito all’amore che già possedeva un amore veramente materno” (Ms A 13r). Occorre leggere con attenzione le pagine di Teresa per scoprire il volto di questo papà che diventa per lei l’immagine più immediata dell’amore paterno di Dio.

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Un papà come Luigi non misura la vita con le sue esigenze ma rinnega volentieri se stesso per il bene delle figlie. E così, dopo la morte dell’amata moglie, sapendo che le cinque figlie sarebbero cresciute meglio a Lisieux, dove già viveva la famiglia del cognato, decise di lasciare Alençon, la città dove era cresciuto e dove aveva tutti i suoi affetti. Una scelta dolorosa per lui, uno dei biografi dice che fu come “un secondo lutto”. E tuttavia, Luigi non ebbe bisogno di molto tempo per decidere. Zelia morì il 28 agosto, a metà settembre firma il contratto di locazione che condurrà tutta la famiglia a Lisieux. Chi ama non calcola e non attende. Nel cuore di un padre il bene delle figlie viene prima di tutto.

Ho voluto raccontarti alcuni passaggi di questa testimonianza che hai avuto già modo di conoscere per chiederti di riprendere e approfondire queste pagine che rappresentano un frammento di quella spiritualità che ogni genitori è chiamato a vivere. Se tutto questo a te è mancato, non ti stancare di pregare perché ci siano padri sempre più attenti e capaci di diventare per i figli un segno sacramentale dell’amore di Dio. Lo chiederemo insieme al Padre celeste per intercessione di san Luigi Martin di cui, nei prossimi giorni (29 luglio) ricorderemo l’anniversario della morte. Il Signore riempia di luce e di gioia la tua vita. Con affetto

don Silvio




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1 risposta su “L’assenza del padre e la testimonianza di San Luigi Martin”

È tanto bella la testimonianza di Luigi Martin! Penso che si dovrebbe divulgare di piú la sua biografia, anche in modo adattato ai giovani.

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