
Senza alzare muri
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 13,36-43)
In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».
Il commento
“Spiegaci la parabola della zizzania nel campo” (13,36). Le parabole del Regno descrivono la vita del credente immerso nelle contraddizioni presenti nel cuore dell’uomo e nella storia. La parabola del seminatore (13, 1-9) sottolinea l’azione perseverante di Dio e la recezione dell’uomo che spesso è difettosa. La seconda parabola pone l’accento sulla presenza oscura del maligno, il quale non si oppone a viso a aperto all’azione di Dio, ma opera di nascosto, semina zizzania e cerca così di deformare, rallentare, ostacolare il progetto di Dio. L’insegnamento evangelico invita a considerare la presenza della zizzania come un aspetto della realtà con il quale dobbiamo sempre fare i conti. Ma non suggerisce l’idea di un conflitto o di una plateale contrapposizione. Una sorta di muro contro muro. Anzi ricorda ai discepoli che questo è il tempo della semina non quello della mietitura. Il tempo dell’attesa e della misericordia. Verrà anche il tempo del giudizio ma spetta a Dio decidere il come e il quando (13, 40-42). Le parole di Gesù sono inequivocabili: la zizzania verrà bruciata, gli operatori di iniquità saranno smascherati, chi ha scritto pagine di malvagità sarà condannato. Lo spazio dato a questo tema è piuttosto ampio e copre buona parte della parabola. Evidentemente Gesù non vuole lasciare nemmeno una briciola di incertezza. Questa parola è certa e degna di fede. Non è corretto sminuirla. Anzi, la certezza del giudizio finale ci fa vivere con maggiore responsabilità, ci fa accettare i limiti della giustizia umana e allontana l’istintiva tentazione della vendetta.
Da una parte Gesù apre gli occhi e invita a vedere la realtà in tutta la sua indecifrabile complessità; e dall’altra chiede di vivere in pace, facendo l’unica cosa seria, l’unica che alla fine conta sulla bilancia della storia: seminare la Parola, costruire pazientemente frammenti di una storia che manifesta l’amorevole presenza di Dio. Oggi chiediamo la grazia di non lasciarci turbare dal male che imperversa nella storia e di consegnare a Dio ogni nostra inquietudine.