
Credere di credere
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 13,54-58)
In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.
Il commento
“Ed era per loro motivo di scandalo” (13,57). Gesù torna nel suo villaggio, avrebbe potuto vestire i panni del profeta, e invece si presenta come un semplice Rabbì che spiega la Parola antica, l’evangelista non dice qual è il tema che affronta, punta tutta l’attenzione sulla reazione critica della gente. Non si tratta di un’anonima aggregazione, sono tutte persone che conoscono bene Gesù, lo hanno visto crescere. Ma proprio per questo ora lo accolgono con scetticismo. Chi pensa di sapere, si chiude al mistero. È un errore assai diffuso. Anche oggi. Può capitare anche a noi di ripetere senza fede le parole della fede, cioè senza quella fede appassionata che nasce da una profonda convinzione interiore e si traduce nelle opere della una. Gesù è certamente rattristato eppure non reagisce con parole di condanna, si limita a fare una constatazione che è poi divenuta proverbiale: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua” 13,57). Questa reazione è un insegnamento da custodire come una reliquia.
Nazaret è qui, siamo noi. Quante volte Gesù torna nella sua città e vorrebbe trovare gente desiderosa di ascoltare la sua parola e pronta a metterla in pratica. E invece trova discepoli tiepidi che non lo contestano ufficialmente ma restano distanti. Forse anche noi siamo tra coloro che credono di credere. Troppo facile lamentarsi della mancanza di fede degli altri. Il Signore ci chiede di non fare statistiche o sondaggi, ci domanda invece se abbiamo fede, se cioè siamo pronti a riconoscere che è Lui l’inviato del Padre. “Da dove gli vengono allora tutte queste cose?” (13,56): questa domanda resta senza risposta. Noi invece sappiamo che è proprio Lui il Figlio unigenito, “Dio da Dio, luce da luce”. Ai piedi del tabernacolo, oggi vogliamo ripetere l’eccomi della fede con le parole di Giovanni: “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” (1,18). Siamo certi che questa fede, se fedelmente professata, ci rende capaci di compiere quei prodigi che danno vita al mondo.
Nessun commento per “Credere di credere”