
Tutti chiamati in causa
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 17,14-20)
In quel tempo, si avvicinò a Gesù un uomo che gli si gettò in ginocchio e disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio! È epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e sovente nell’acqua. L’ho portato dai tuoi discepoli, ma non sono riusciti a guarirlo». E Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo qui da me». Gesù lo minacciò e il demonio uscì da lui, e da quel momento il ragazzo fu guarito. Allora i discepoli si avvicinarono a Gesù, in disparte, e gli chiesero: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Ed egli rispose loro: «Per la vostra poca fede. In verità io vi dico: se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: “Spòstati da qui a là”, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile».
Il commento
“Appena ritornati presso la folla, si avvicinò a Gesù un uomo che gli si gettò in ginocchio” (17,14). Non appena scende dal monte luminoso della Trasfigurazione, Gesù si trova immerso nel mondo della sofferenza: incontra un padre che lo supplica di guarire il figlio e si scontra con una folla che assiste con curiosità. La sua prima reazione sembra poco adatta al contesto. Inizia con un durissimo rimprovero: “O generazione incredula e perversa!» (17,17): con la parola degli antichi profeti, Gesù denuncia la mancanza di fede [ápistos = senza fede] che genera una sostanziale incapacità di comprendere e di partecipare alla storia di Dio. Gesù parla a tutti e ciascuno, parla anche a quel padre, il quale attribuisce tutto il fallimento ai discepoli: “Non sono riusciti a guarirlo” (17,16). Lui non si chiama in gioco. Gesù invece rimprovera tutti perché ciascuno ha la sua parte di responsabilità. Anche quel padre disperato.
È troppo facile – e troppo comodo – attribuire la colpa sempre e soltanto agli altri, senza misurare se abbiamo fatto tutta la nostra parte. Qualcuno potrebbe obiettare: “Ma io non sono capace di fare i miracoli”. Non possiamo dirlo! L’episodio evangelico si conclude con questo insegnamento: “se avrete fede pari a un granello di senape […] nulla vi sarà impossibile” (17,20). Gesù afferma che basta un po’ di fede per compiere cose che appaiono impossibili. Siamo tutti chiamati in causa. Nessuno deve tirarsi indietro. Al contrario, dobbiamo sempre domandarci se abbiamo avuto abbastanza fede e se abbiamo donato tutto con generosità e coraggio. Se avessimo fede potremmo fare dell’umanità un giardino rigoglioso. E invece, tante volte appare come una vigna abbandonata e infruttuosa. La mancanza di fede ci rende incapaci di vincere il male. Credere non significa coltivare la presunzione di saper fare ma confidare nell’amore onnipotente di Dio che fa grandi cose in noi e attraverso di noi. Invece di lamentarci di quello che gli altri non fanno, oggi chiediamo una fede più matura.
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