12 agosto 2018

12 Agosto 2018

Se credi, hai la vita

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,41-51)
In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?». Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Il commento

“Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui” (6,41). Il confronto con i Giudei diventa sempre più acceso. Gesù passa dal pane che sazia la fame al pane che discende dal cielo per giungere poi alla rivelazione decisiva: “Io sono il Pane della vita” (6,35). I giudei non comprendono questo linguaggio, quell’identificazione li sconcerta: “Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: Sono disceso dal cielo?” (6,42). La loro obiezione è più che ragionevole. Se appartiene alla terra come può dire di venire dal cielo? Cielo e terra, nella loro cultura, ma in fondo anche nella nostra, sono due poli infinitamente distanti. O si appartiene all’uno o all’altro. E tuttavia, è proprio questo il cuore della rivelazione biblica. In Gesù, il Verbo fatto carne, cielo e terra s’incontrano e si abbracciano. Ogni distanza è definitivamente annullata. Dio si presenta attraverso la carne, entra nella storia come uno di noi. I giudei non possono comprendere quella rivelazione ma potrebbero chiedere ulteriori spiegazioni. E invece si limitano a mormorare. Questo verbo significa parlare a bassa voce, senza farsi sentire. Ma significa anche sparlare contro qualcuno oppure lamentarsi. Insomma, non hanno il coraggio di confrontarsi. La mormorazione è segno di quella diffidenza che ha già messo radici e che, come zizzania velenosa, cresce, alimenta dubbi e, non molto tempo dopo, si presenterà nella forma di un esplicito rifiuto. Gesù invita i Giudei a non mormorare (6,43) e dona, con tutta la sua autorità, questa promessa: “In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna” (6,47). Credere significa aprirsi con fiducia all’azione dello Spirito che ci istruisce interiormente. Non possiamo evitare i dubbi ma possiamo fare memoria della testimonianza dei santi e di quei passaggi luminosi della vita in cui abbiamo sperimentato la presenza amorevole di Dio. Oggi chiediamo la grazia di credere con la semplicità dei bambini.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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