
Un cuore inquieto
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 19,16-22)
In quel tempo, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Gli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!». Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze.
Il commento
“Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?” (19,16). Il protagonista di questo episodio rimane anonimo. Matteo lo presenta come un “giovane” (neanískos: 19,20). L’incontro con Gesù non avviene per caso, è l’uomo che lo cerca e si accosta a Lui. Forse ne ha sentito parlare o forse lo ha più volte ascoltato. In ogni caso manifesta una sincera stima per Lui. In genere queste sono condizioni che rendono possibile l’accoglienza della verità. È un uomo che porta nel cuore un desiderio e lo esprime con una domanda: “che cosa devo fare di buono [quale bene devo fare] per ottenere la vita eterna?” (19,16). Dopo la prima risposta di Gesù, domanderà ancora: “Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?” (19,20). Egli si accosta a Cristo perché cerca la pienezza. Quello che ha non gli basta. La Legge mosaica, che egli ritiene di osservare con scrupolo, gli appare limitata. La “vita eterna” [zōēn aiōvion = vita senza fine] esprime e racchiude il desiderio di felicità che ogni uomo porta in sé. Nessuno può sopprimere questa domanda di pienezza, anche se riempie la vita di cose e di successi, prima o poi riemergerà la domanda che riguarda il senso e il fine della vita. Dio ha dotato l’uomo di un cuore… inquieto, un cuore che non si accontenta di quello che vede e non sembra mai sazio di quello che riceve. In ogni uomo c’è una nostalgia di infinito. Nella vita di ciascuno vi sono desideri che non possono essere soffocati a meno di non impoverire tutta l’esperienza umana.
Il giovane protagonista del racconto pone a Gesù questa domanda perché lo considera un Maestro capace di indicare la strada che conduce alla pienezza. Se Cristo scompare dall’orizzonte della vita, gli interrogativi più urgenti resteranno senza risposte. “Il vuoto che molti oggi provano dinanzi alla domanda sul perché della vita e della morte, sul destino dell’uomo e sul senso della sofferenza può essere colmato solo dall’annuncio della verità che è Gesù Cristo” (Giovanni Paolo II, 27 febbraio 2000). Ed è questo il dramma che nessuno vede.
Nessun commento per “Un cuore inquieto”