CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

“Come posso aiutare mio figlio a trovare il senso della sua vita?”

10 Settembre 2018

giovane

Educare i figli? Non ci sono ricette sicure per tutti. Cosa fare allora? Don Silvio: “Non date spazio alla sfiducia. Siate misericordiosi e, soprattutto, non rinunciate al dialogo”.

Gent.mo don Silvio,

ho finito da poco di leggere, su Punto Famiglia, il suo articolo sul senso della vita. Bellissime parole, davvero, ma vorrei farle una domanda: ho un figlio di 19 anni che si sente smarrito e insicuro dinanzi al futuro. Le cose che lei scrive io gliele dico ogni giorno ma non basta. Mi chiedo e le chiedo, come aiutare concretamente un figlio a trovare il senso della sua vita? Quale esperienza potrebbe accendergli una luce? Penso che servano cose concrete oltre a delle belle parole, non crede? Un caro saluto.

Caro amico,

come te, tanti genitori sperimentano la fatica di educare, soprattutto nella tempestosa stagione adolescenziale. I figli adolescenti fanno di tutto per rimarcare la distanza e rivendicare l’autonomia. Molti genitori si sentono smarriti, come chi si trova ad attraversare un deserto senza strade, non riescono a costruire una relazione propositiva. Alcuni rinunciano e lasciano fare, altri lottano usando l’arma dell’autorità. Non ci sono ricette sicure.

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Conosco e comprendo questi genitori, l’adolescenza è una stagione in cui i figli sono meno amabili e fanno di tutto per esserlo. Sono chiusi, concentrati su di sé, reagiscono con fastidio o sufficienza alle richieste dei genitori. Fanno tanti errori, sapendo di farli e senza sentire il bisogno di scusarsi o di accusare la propria incapacità. Un papà o una mamma, costretti spesso a fare non pochi sacrifici per farli crescere, hanno tutto il diritto di essere amareggiati. E forse anche di andare in collera. Ma non si può stare sempre a rimproverarli, come vigili pronti a multare ogni infrazione. Un tale atteggiamento non solo non è educativo, non produce effetti positivi e li rende ancora più indifferenti. Si innesca così una spirale negativa che chiude ogni dialogo e vanifica la relazione. Tra genitori e figli si alza un muro fatto di incomprensione.

Cosa fare, allora? Non c’è una strategia univoca ma possiamo dare alcuni suggerimenti. In primo luogo occorre spezzare questa spirale che soffoca il dialogo educativo e genera una crescente distanza affettiva. I genitori non devono mai dare spazio alla sfiducia: né quella che li fa sentire impotenti e incapaci di assolvere il proprio ruolo educativo né quella che suggerisce l’idea che i figli sono ormai totalmente refrattari ad ogni stimolo educativo. La sfiducia preventiva è pericolosa, è la morte di quella sana pedagogia che si basa sulla speranza che i figli sono per natura capaci di accogliere gli stimoli. Anche quando hanno l’impressione che i figli non ascoltano, perché sono ermeticamente chiusi nel loro mondo, i genitori non devono mai rinunciare a gettare la rete, incoraggiando a vivere con responsabilità.

C’è una seconda via che spesso si rivela ancora più difficile. I genitori devono fare esercizio della misericordia: “Come il Signore vi ha perdonato così fate anche voi” (Col 3,13). La misericordia è l’amore non meritato, è la luce che rischiara e vince le tenebre del dubbio e dell’indifferenza. Le regole possono costringere ma non convincere. Solo l’amore può abbattere il muro della diffidenza. Tante volte, l’apparente arroganza nasconde la paura di non farcela, l’istintiva aggressività è solo una maschera della loro insicurezza. Hanno bisogno di essere amati. Occorre qui ricordare quel criterio educativo che san Giovanni Bosco consegnava ai suoi religiosi impegnati nell’educazione dei giovani: non basta che sappiano di essere amati, devono sentire di esserlo.

Non chiudere mai la porta della relazione e non rinunciare al dialogo, anche quando appare difficile o quando, le promesse tradite, possono generare l’istintiva sensazione che sia tutto inutile. In questi casi, dobbiamo ricordare che l’educazione può essere rappresentata come una lunga maratona che solo a distanza di tempo può dare i frutti sperati. Nei momenti più difficili, sostituire le parole con gesti capaci di comunicare fiducia e speranza.

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Sono solo poche note di una riflessione più ampia che riprenderemo. Sono appunti che appaiono difficili da praticare, soprattutto quando i genitori sono adirati o, ancora più spesso, si sentono sconfitti. Chi ha il coraggio di perseverare, vedrà sorgere giorni di giustizia. Non è una vaga illusione ma una speranza che dà forza e coraggio. Affidiamo questi appunti e i legittimi desideri di tanti genitori all’intercessione dei santi Luigi e Zelia, che hanno saputo educare con la vita e con le parole.

don Silvio




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