17 settembre 2018

17 Settembre 2018

Quando tutto sembra perduto

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 7,1-10)
In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

Il commento

Mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare [diasōsē] il suo servo” (7,3). Questa pagina mette in scena persone assai distanti per appartenenza religiosa e sociale: da una parte un centurione pagano e dall’altro il Rabbì della Galilea. Sullo sfondo un servo molto ammalato. I due protagonisti principali non s’incontrano, parlano a distanza grazie alla mediazione prima di alcuni anziani che raccolgono e inoltrano la sua richiesta (7,3) e poi di altri amici che raggiungono Gesù prima che arrivi in casa (7,6). Non si conoscono e non s’incontrano ma si intendono a meraviglia! Il soldato romano mostra di avere piena fiducia nella persona di Gesù. Qualcuno gli ha parlato di Lui, gli ha raccontato la forza delle sue parole e dei miracoli. Tanto basta per affidargli una richiesta che, ad uno sguardo umano, appartiene alla categorie delle cose impossibili. Il centurione ha na fiducia illimitata, è sicuro che egli possa fare qualcosa, anzi è certo che possa guarire il servo ormai in fin di vita. Il verbo diasoizo significa portare in salvo, fa pensare ad una situazione di grave pericolo, una di quelle in cui c’è poco da fare e l’uomo è costretto a rinunciare ad ogni speranza. In quanto soldato, il centurione è l’espressione di un popolo che comanda con pugno di ferro ma in questo caso egli è l’icona di un uomo che riconosce di non avere i mezzi per salvare una persona che gli sta molto a cuore. Quante volte la fede nasce proprio dallo sperimentare la propria radicale impotenza dinanzi al male che da ogni parte ci assedia. La coscienza dell’umana debolezza può generare rassegnazione o speranza. In questo caso apre l’uomo alla fede. Il centurione non teme di mettere in gioco tutta la sua autorità, ammette di non essere degno di incontrare una persona come Gesù. L’umiltà è un’alleata preziosa per la fede. Al contrario, l’orgoglio è il primo e più grande nemico. Oggi chiediamo la grazia di pregare con la stessa fede umile del soldato romano. Una fede capace di ottenere grazie insperate.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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