Scuola

“Prof perché abbiamo la necessità di credere? Lei perché crede?”

pregare

di Elisabetta Cafaro

Mi sono inventata un gioco divertente, ma difficile. Ho invitato i miei alunni a trovare tre aggettivi con cui definirsi. Quello che ne è venuto fuori? Un meraviglioso infinito.

Quest’anno settembre ci ha regalato giornate bellissime e soleggiate. La scuola è iniziata a tutto ritmo, anche se non è facile stare in classe con il caldo.

Mentre ascolto la radio in macchina, non posso fare a meno di sorridere alla notizia che in una scuola di Napoli, professori e alunni sono stati spediti al mare per permettere la rotazione delle classi. Ripenso alla mia materia, Religione cattolica, per certi versi una materia particolare. Sarebbe bello portare i ragazzi in gita al mare. Sono anni che cerco di progettare a regola d’arte un programma da seguire, ma puntualmente la lezione poi va in tutt’altra direzione. È semplicissimo basta una parola, una piccola riflessione, le corde dell’anima cominciano a vibrare ed il gioco è fatto.

Leggi anche: La prima campanella è suonata: buon anno scolastico ai ragazzi ma anche ai prof…

Quest’anno ho invitato i miei nuovi alunni a scegliere tre aggettivi che rappresentano il loro carattere. Un gioco simpatico ma difficile perché la riflessione proietta l’uomo nella sua anima.

Quante volte guardandoci allo specchio ci chiediamo chi siamo? Che senso ha la nostra vita? Un ragazzo del primo anno del liceo classico a questo interrogativo ha detto: “Prof, meglio non farsi domande, non pensarci troppo. Si vive meglio”. Un altro mi ha chiesto: “Ma poi lo scopriremo (ce lo dite prof) chi siamo e dove andiamo?”. Come se io avessi tutte le risposte.

Sono solo le prime battute di un anno scolastico che si presenta impegnativo, avventuroso, ma anche ricco di emozioni. Quest’anno ho un cattedra con classi che vanno dalla prima media alla quinta liceo. L’opportunità di spaziare tra varie fasce di età, mi ha fatto subito sperimentare come sono diverse le domande e anche le aspettative dei miei alunni. A 10 anni si è ancora nella fase in cui si ama la propria casa, si accetta volentieri l’autorità di papà e mamma. Ci si interessa alla scuola, si accetta anche una ragionevole quantità di compiti, ma soprattutto, si prega volentieri. Poi ecco arrivare gli 11 anni, quelli che segnano la partenza per una nuova crescita, prima lenta, poi tumultuosa. Il fanciullo calmo e tranquillo dell’anno prima scompare e appare il preadolescente: chiacchierone, curioso, in perenne movimento, sempre sul chi va là. Cresce rapidamente, ha sete di sapere nuove cose.

Ma quello è solo l’inizio. Se in prima media nulla viene ancora messo in discussione, in terza media invece si inizia flebilmente a evidenziare una richiesta composta e non troppo pretenziosa di risposte soprattutto per ciò che riguarda la fede. Luca, 13 anni, con aria incerta alza la mano. Vuole farmi una domanda. È intimorito. Poi, incoraggiato dal mio sorriso, afferma tutto d’un fiato di sentirsi un po’ confuso, perché le materie scolastiche sembrano essere in contrapposizione, non equilibrate l’una con l’altra. La scienza sostiene che il mondo è stato creato dal Bing Bang è la religione da Dio. Qual è la verità? Mi domanda.

Leggi anche: “Grazie Prof!”, una pagina che profuma di emozioni

Lidia, 13 anni, terza media, ha elencato con “troppa perfezione” che cosa vuol dire fede. Le avevo chiesto: “Per te cosa significa credere?”. E lei subito: “Significa credere in Gesù e in Dio anche se non si vedono”.

Al liceo gli umori cambiano, le riflessioni sono più profonde, coinvolgono l’attualità, le guerre di religione, gli attentati di matrice islamica. Mi colpisce un messaggio che mi giunge su un foglietto senza nome consegnatomi in fretta e furia prima del suono della campanella in una quinta. Leggo: “Perché abbiamo la necessità di credere? Bastiamo a noi stessi? Lei perché crede?”.

Una bella sfida! Ripongo il bigliettino nella mia borsa e mi ripropongo di riprenderlo alla fine dell’anno. Chissà quante cose cambieranno!

 




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO

ANNUNCIO

1 risposta su ““Prof perché abbiamo la necessità di credere? Lei perché crede?””

La prima vera e propria sfida per un docente è cominciare un nuovo anno scolastico nel migliore dei modi, entrando in contatto ed in relazione con tutti gli studenti, le loro idee ed i loro pensieri. Ancor più se si tratta di religione e di fede. Ci si trova di fronte a ogni genere di opinione, metodo e reazione ; l’importante è ascoltare tutte le esigenze e accompagnare ogni studente lungo il suo cammino.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.