8 ottobre 2018

8 Ottobre 2018

Sapere e non fare

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10,25-37)
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Il commento

Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?” (10,25). L’insegnamento sul duplice comandamento dell’amore è posto da Luca in una cornice che mette in risalto la necessità di coniugare con gesti concreti l’impegno della carità fraterna. L’accento è posto sul fare: la pagina evangelica inizia con lo scriba che domanda cosa deve fare (10,25); e termina con questa parola: “Va’ e anche tu fa’ così” (10,37). La parabola non lascia scampo alla libera interpretazione, le parole di Gesù sono terribilmente concrete, invitano a fermarsi e a prendersi cura del prossimo. Le buone intenzioni sono solo la premessa di una storia che impegna tempo, energie e denaro. La carità è una sorella scomoda… Non basta conoscere quel che è giusto, occorre fare, cioè tradurre la coscienza del bene in azioni concrete. Sapere ciò che Dio vuole e … non fare significa… non sapere. Non è il sapere che ci rende graditi a Dio, insegnare la via di Dio è certamente un bene ma camminare nelle vie Dio è ancora meglio, fare i passi che Dio chiede, e farli con generosità, è la sola garanzia per ricevere “la vita eterna”.

Quante persone sono lasciate ai margini della strada, portano ferite nel cuore e nel corpo e forse pensano che la loro vita sia inutile, non sanno come rialzarsi, non sanno come uscire dalla stanza del dubbio o della delusione. Hanno bisogno di qualcuno che si fermi, si ponga accanto a loro, li consoli e fasci le ferite. Ci vorrà del tempo per vincere il male che ha preso dimora ma la carità condita con la pazienza e nutrita con la preghiera, la carità generata e aggrappata alla grazia ha certamente la forza di vincere il male. Siamo noi disposti a diventare angeli e compagni di viaggio? E siamo disposti anche a investire tempo e risorse? Non siamo chiamati a salvare l’umanità ma non possiamo abbandonare al loro destino quelle persone che Dio pone sul nostro cammino. Se abbiamo sperimentato la tenerezza di Dio, potremo più facilmente aprire gli occhi e accogliere gli altri come fratelli da accogliere e accompagnare. È quello che oggi chiediamo.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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