
Al centro l’amore
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 11,42-46)
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo». Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!».
Il commento
“Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio” (11,42). Il brano evangelico contiene la parte centrale della severa denuncia che Gesù rivolge ai farisei. Oggi ci soffermiamo sul primo guai. Il Rabbì di Nazaret condanna i farisei perché si preoccupano di osservare i precetti più minuziosi della Legge e trascurano la giustizia e l’amore di Dio. Invece di esaltare la misericordia di Dio, hanno posto al centro se stessi, sono così attenti ad osservare scrupolosamente la Legge da mettere da parte quegli elementi che strutturano l’esperienza religiosa. Ad un primo sguardo la loro scrupolosa fedeltà anche nelle piccole cose è il segno visibile di quella fede che desidera servire Dio in ogni cosa. In fondo è quello che Gesù chiede ai suoi discepoli (Lc 16,10). Non possiamo negare le buone intenzioni. I farisei sono davvero pieni di zelo. E tuttavia, a giudizio di Gesù la loro religiosità finisce per deformare il rapporto tra l’uomo e Dio: la loro proposta, infatti, non mette al centro la misericordia di Dio ma l’uomo con le sue opere, non la grazia che opera prodigi ma la capacità dell’uomo di osservare tutti i precetti della Legge. In questo modo il cuore della relazione tra l’uomo e Dio non è più l’amore ma il servizio. Gesù invece propone un Dio che è pronto a perdonare tutte le nostre mancanze, anche quelle più gravi (Lc 7,36-50), un Dio che ci chiama a rispondere con amore al suo amore. Dall’amore scaturisce la vera fedeltà, intesa come adesione piena alla volontà di Dio.
Oggi chiediamo la grazia di mettere al centro Gesù. Sulle orme di Teresa di Lisieux e, ripetendo le sue parole, la giovanissima Chiara Lubich risponde così ad un’amica che le chiede di cosa si occupa e cosa intende fare della sua vita: “Amo Dio e lo vorrei far amare come mai fu amato. Lavoro per farlo amare” (Lettera del 16 aprile 1944 in Lettere dei primi tempi, 44). Un ideale che può diventare anche per noi una buona regola di vita.
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