
Non c’è tempo da perdere
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 14,15-24)
In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!». Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”. Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».
Il commento
“Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti” (14,16). Nelle parabola introduttive della parabola intravediamo il volto di Dio che chiama tutti a partecipare al banchetto della vita. Un Dio che non vuole essere felice da solo ma desidera condividere la sua gioia con l’intera umanità. Per questo prepara tutto e al momento opportuno manda “il suo servo” (14,17): il singolare fa pensare a Gesù, il Figlio che si è presentato nella forma di servo (Mt 20.28). è Lui che fa risuonare l’annuncio: “Venite, è pronto” (14,17). È Lui che porta a compimento le promesse. Grazie a Lui possiamo fin d’ora gustare la cena, cioè entrare nella piena comunione con Dio. L’invito non trova una calorosa accoglienza, anzi il Vangelo sottolinea che incontra un clamoroso flop. E tuttavia, la parabola annuncia che, malgrado la tristezza, Dio non si arrende e non perde tempo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi” (14,21). Come se dicesse: “Non c’è tempo da perdere, va’ a chiamare quelli che pensano di essere esclusi dalla festa, quelli che non contano nulla”. Gli esclusi ricevono i posti d’onore. La chiamata questa volta sortisce un effetto positivo. Ma il servo constata che “c’è ancora posto” (14,22). Di nuovo la parola del padrone suona come un comando inappellabile: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia” (14,23). Troviamo qui il verbo ghemízō che significa: riempire fino all’orlo.
In ogni celebrazione eucaristica risuona l’invito: “Beati gli invitati alla cena del Signore”. Ogni giorno Dio invita i suoi figli a partecipare al banchetto della vita. Non si tratta di ricevere qualcosa ma di accogliere Qualcuno e di rinnovare l’amicizia con Lui. Oggi chiediamo la grazia di vivere con gioiosa fedeltà l’incontro sacramentale e di camminare in compagnia di Dio tutti i giorni della nostra vita, fino a quando, per sua misericordia, entreremo nell’eternità beata.
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