
Perdono e pentimento
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 17,1-6)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi! Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai». Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».
Il commento
“Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo [epitímēson] ; ma se si pentirà [metanoēsē], perdonagli” (17,3). Luca sembra meno magnanimo di Matteo, quest’ultimo, infatti, presenta il perdono fraterno (il contesto è quella della comunità ecclesiale) come un impegno assoluto ed essenziale che non ammette deroghe (Mt 18, 21-22). Nel testo di Luca, invece, il perdono viene concesso solo se il colpevole si pente e riconosce il suo errore. Questa ulteriore specificazione rende più ragionevole la concessione del perdono. È anche importante sottolineare che il pentimento di cui si parla in questo brano non è assimilabile ad una generica ritrattazione ma è la conseguenza di una sincera e profonda conversione espressa qui sia con il verbo metanoeîn (17,3) che con epistréphein (17,4). Il perdono è una medicina che guarisce molte ferite e non raramente s rivela come il punto di partenza di una storia nuova. Giovanni Paolo II ricordava che “la giustizia umana è sempre fragile e imperfetta, esposta com’è ai limiti e agli egoismi personali e di gruppo”. Per questo, aggiungeva non può esserci vera giustizia senza il perdono che “risana le ferite e ristabilisce in profondità i rapporti umani turbati” (Messaggio per la Giornata della Pace, 2002). Per questo motivo il perdono deve essere concesso a tutti e senza condizioni. E tuttavia, l’evangelista qui pone l’accento sulla responsabilità dell’uomo. Non dobbiamo rifiutare il perdono ma possiamo – e stando al testo dobbiamo – chiedere la consapevolezza dell’errore commesso. Non per umiliare il fratello ma per sollecitare un vero pentimento, presupposto essenziale del cammino di conversione e di santificazione. Se manca il perdono non c’è giustizia. Ma dobbiamo anche dire che se manca il pentimento sincero, l’uomo non cambia rotta e rischia di restare prigioniero del male. Non esiste un equilibrio perfetto tra perdono e pentimento ma la bilancia deve pendere dalla parte del perdono, ricordando che “mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm 5,8). È una grazia difficile da praticare e per questo da chiedere con una preghiera ancora più intensa e sincera.
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