
L’ultima parola
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 21,34-36)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».
Il commento
“State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita” (21,34). Dopo aver elencato gli eventi della storia e i fenomeni della natura che precedono il ritorno glorioso del Signore (21, 5-28), l’evangelista esorta a stare attenti… a se stessi. Non alle cose che accadono, ma a se stessi. Chiede di guardare bene in se stessi per evitare scelte e comportamenti che di fatto c’impediscono di essere vigilanti e di riconoscere il Signore che viene nell’oggi della nostra vita. L’ultima parola dell’anno liturgico si presenta dunque come un’accorata esortazione a non perdersi nei sentieri ingannevoli di quella vita istintiva che viene esaltata come suprema libertà ma che rende l’uomo schiavo di se stesso. Il Vangelo chiede di evitare ogni forma di ubriachezza: significa non perdere la capacità di governare se stessi e gli eventi della vita, non diventare schiavi dell’istinto che soffoca la ragione, indebolisce la volontà e la forza di cercare il bene, favorisce scelte oggettivamente sbagliate. Tra i pericoli, l’evangelista ricorda anche gli affanni della vita. Non possiamo certo evitare le preoccupazioni e gli impegni ma non dobbiamo dare spazio all’ansietà che fa perdere la fiducia in Dio e insinua la paura di non farcela.
Teresa di Lisieux, dopo aver incontrato Papa Leone XIII, dal quale sperava di ricevere il permesso per entrare giovanissima al Carmelo, torna a casa fortemente delusa perché ha ottenuto quello ardentemente desiderava. In quello stesso giorno, da Roma, scrive alla sorella Paolina, che si trova in monastero: “ho fatto tutto quello che potevo; ora non mi resta che pregare” (LT 36, 20 novembre 1887). Ha solo 14 anni ma dimostra una fede già adulta. Non perde la pace e non cade nello scoraggiamento, non si lascia andare alla tristezza. La sua testimonianza c’insegna come evitare di cadere negli affanni: occorre riconoscere i nostri limiti, prendere coscienza che non possiamo fare tutto e confidare in Dio che può portare a compimento ogni desiderio di bene. Nel tempo che Lui solo conosce. È la grazia che oggi chiediamo.
Nessun commento per “L’ultima parola”