
In attesa della luce
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 9,27-31)
In quel tempo, mentre Gesù si allontanava, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!». Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!». Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione.
Il commento
“Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono” (9,28). I protagonisti di questa pagina evangelica sono due ciechi, icona eloquente di quell’umanità che cerca con sincerità la luce ma anche di quella Chiesa che non si stanca di invocare la misericordia di Dio. La scena si svolge in due tappe, la prima avviene lungo la via: Gesù cammina avanti, i ciechi lo seguono. Sono questi ultimi a parlare: “Figlio di Davide, abbi pietà di noi” (9,27). Gesù resta in silenzio, sembra indifferente alla loro richiesta umile. Dinanzi a questo apparente rifiuto, i due uomini potrebbero scoraggiarsi e rinunciare. In realtà Gesù non li allontana né chiede loro di tacere. Il suo silenzio è un implicito invito a perseverare senza smarrire la fiducia iniziale che li ha spinti a mettersi sulle orme del Rabbì. In questo racconto possiamo intravedere il cammino della fede fondato sulla gradualità. Solo chi persevera, sperimenta la grazia della guarigione. Ci sono ferite nella carne e nel cuore che non possiamo cancellare con un colpo di spugna né basta la pur sincera buona volontà. Occorre pregare a lungo e con fede. La seconda tappa avviene in casa. I discepoli non sono più distanti e non hanno più bisogno di gridare, il Vangelo dice che “si avvicinano”, l’iniziale sequela diventa prossimità e prepara l’intimità del dialogo. Questa volta è Gesù che prende la parola, è Lui che pone domande, anzi pone la domanda decisiva, quella da cui dipende tutto il resto: “Credete che io possa fare questo?” (9,28). Gesù non vuole sapere quali sono le nostre idee, ci chiede soltanto se abbiamo fede in Lui, se crediamo davvero che con Lui tutto può ricominciare. Questi due uomini sono ciechi ma vedono meglio degli altri. Hanno capito subito che quell’uomo era il Messia promesso dai profeti. Prepararci al Natale significa coltivare la certezza che Gesù è “luce del mondo”. In ogni presepe c’è una culla vuota, segno di un’umanità che attende. Oggi chiediamo la grazia di perseverare per ricevere quella luce che guarisce ogni ferita.
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