
Intreccio fecondo
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 2,18-22)
In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».
Il commento
“Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro?” (2,19). La missione di Gesù non si manifesta soltanto attraverso i segni eclatanti e le guarigioni che attirano l’entusiasmo popolare; passa anche attraverso l’insegnamento di una dottrina nuova. Il brano evangelico di oggi appartiene a queste pagine che mostrano il legame e la differenza tra la prima alleanza e quella che si compie in Gesù. I primi cristiani sanno di far parte di una storia; ma hanno anche la consapevolezza di essere i protagonisti di un’esperienza radicalmente nuova. Rispondendo ad una domanda sul digiuno, Gesù annuncia che c’è il tempo della gioia e quello del dolore. In effetti, la vita è un intreccio di eventi assai diversi: c’è il tempo della comunicazione e quello del silenzio, il tempo della solitudine e quello dell’incontro. C’è il tempo in cui facciamo festa perché lo sposo è con noi e il tempo in cui sperimentiamo il dolore perché lo sposo è stato tolto. In quanto discepoli del Risorto ogni giorno celebriamo l’alleanza nuziale e sperimentiamo la compagnia di Dio. In quanto discepoli del Crocifisso ogni giorno condividiamo il dolore di Dio perché la storia è sempre attraversata dal peccato e dall’ingiustizia. Non possiamo più separare croce e resurrezione, non possiamo pretendere di vivere in una gioia senza ombre; né dobbiamo maledire il dolore perché è stato redento ed è causa di salvezza.
Questo intreccio di fatti appare spesso caotico ai nostri occhi, abbiamo l’impressione di essere in balìa di un destino ingovernabile. La fede non ci chiede di scegliere ma di vivere ogni cosa nella luce di Dio perché ogni evento diventi storia di salvezza. In fondo, è questa la sfida quotidiana, quella più difficile ma proprio per questo decisiva: imparare a vivere ogni evento nella luce della Pasqua. Oggi chiediamo la grazia di partecipare al cammino faticoso della storia, personale e collettiva, senza dare spazio alla paura o alla rassegnazione perché anche la croce, vissuta per amore, è sorgente inesauribile di vita.
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