15 febbraio 2019

15 Febbraio 2019

Stiamo sotto il cielo

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 7,31-37)
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Il commento

Guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: « Effatà »” (7,34). La guarigione del sordomuto passa attraverso la parola ma è preceduta da due gesti. In primo luogo leggiamo che Gesù alza gli occhi al cielo: è un’espressione che troviamo anche in altri racconti (Mc 6,41; Gv 11,41) ed è segno visibile della sua intima comunione con il Padre. Se Gesù svela il vero volto dell’uomo, questo gesto insegna che dobbiamo imparare a misurare la vita con la certezza che Dio accompagna i nostri passi, solo chi vive con lo sguardo rivolto al Cielo può capire le cose della terra. “Stiamo sotto il cielo”: in genere usiamo questa frase per dire che tutto può accadere e che gli eventi futuri non dipendono da  noi. Per noi invece significa che in ogni circostanza possiamo contare sulla presenza provvidenziale di Dio. Lo sguardo è accompagnato da un sospiro. In greco abbiamo un verbo [stenázō] che significa gèmere, indica una situazione penosa che provoca una profonda compassione, specie quando ci sentiamo impotenti dinanzi al male. Anche Gesù vive nel suo intimo questo disagio, si trova di fronte a un uomo che non può udire né parlare e dunque non può realizzare pienamente se stesso. Agli occhi del Figlio di Dio quest’uomo è icona di una storia ben più ampia, è immagine di quell’umanità costretta a vivere in condizioni che non corrispondono alla sua dignità. Il sospiro di Gesù ricorda che anche noi, tante volte, ci sentiamo inadeguati e non sappiamo come affrontare determinate situazioni. Non siamo capaci di dire, come Gesù, la parola che guarisce. Ma sappiamo che Lui è capace. Se ci uniamo a Lui, il nostro sospiro non è più quello di un uomo rassegnato di fronte ad un destino cieco e prepotente, ma diventa un genito carico di speranza, un’invocazione fiduciosa.

Signore Gesù, la nostra storia è segnata da un disagio che addolora e talvolta ci rende sordi e muti. Vieni e salvaci. Vieni e donaci il coraggio d’intervenire e di dire parole capaci di seminare gioia e speranza. Amen



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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