
Non abbiamo compreso
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 8,14-21)
In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane. Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?».
Il commento
“Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!” (8,15). La scena precedente si era conclusa con questa annotazione: “risalì sulla barca e partì per l’altra riva” (8,13). Il dialogo con i farisei lo aveva amareggiato, si allontana come se volesse andare altrove, lontano dai conflitti. Gesù scopre che esistono incomprensioni anche tra i suoi amici, tra quelli che lo hanno seguito con sincerità di cuore. Tutto parte da un dettaglio marginale, prima di partire i discepoli avevano dimenticato di prendere i pani. Gesù li invita a non perdere tempo in discussioni inutili, piuttosto, aggiunge, è bene tenersi lontano dal lievito dei farisei. I discepoli non comprendono. C’è una distanza tra loro e il Maestro, come se parlassero due lingue diverse. Gesù lo sa bene e punzecchia i discepoli con una serie di domande provocatorie che trovano la loro conclusione in questa: “Non comprendete ancora?” (8,21). Quel giorno la domanda non riceve alcuna risposta. I Dodici si chiudono in un imbarazzante silenzio. Noi invece dobbiamo rispondere e riconoscere che esiste un divario inevitabile tra la parola che Dio ci consegna e quello che noi possiamo comprendere. Per colmare questo divario o per impedire che generi una progressiva distanza, occorre anzitutto evitare il “lievito dei farisei” che è l’ipocrisia, evitare cioè la doppia vita, quella che Papa Francesco chiama “schizofrenia spirituale”. Una cosa è riconoscere di non comprendere, altra cosa è far finta pretendere di comprendere, mostrare di accogliere la Parola di Dio e poi… continuare a seguire i propri ragionamenti. Non diciamo quello che pensiamo e non facciamo quello che diciamo. La vita diventa così una maschera. Chi riconosce di non comprendere si mette umilmente in ascolto di Dio e si lascia istruire dallo Spirito. Tante volte, nonostante la buona volontà, davvero non comprendiamo, la Parola resta oscura. In questo caso preghiamo così:
Signore, Tu sai che desideriamo fare ciò che a Te piace, donaci la luce per comprendere la tua volontà, l’umiltà per riconoscere i nostri limiti e il coraggio per ricominciare.
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