26 febbraio 2019

26 Febbraio 2019

La pazienza del Maestro

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 9,30-37)
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Il commento

Di che cosa stavate discutendo per la strada?” (9,33). La domanda di Gesù spiazza i discepoli. Non hanno ancora imparato, sono ancora lì come bambini impauriti, quando Gesù parla della morte, non riescono a comprendere e non vogliono comprendere. Non rispondono alla domanda (9,34) perché sanno che i loro ragionamenti non corrispondono affatto alle attese del Maestro. Il rapporto tra Gesù e i discepoli è ancora fragile, certamente hanno fiducia in Lui ma non c’è ancora quella lealtà che permette di condividere i pensieri. Il Maestro li conosce e conosce anche le cose che non hanno il coraggio di dire. Non si stanca di proporre il suo insegnamento: “Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro” (9,35). In questo gesto intravediamo non solo la pazienza ma anche la tenerezza dell’educatore. Egli riprende a consegnare con amore parole e gesti, il rapporto educativo è un legame che si costruisce giorno per giorno, fino alla fine. Non c’è alcun rimprovero. Egli comprende e giustifica il silenzio dei discepoli perché sa bene che l’annuncio della croce non poteva che suscitare turbamento e confusione. Li comprende ma non si arrende. L’unica strada è quella di offrire un’altra catechesi. Questa volta unisce le parole con un gesto: “preso un bambino, lo pose in mezzo a loro…” (9,36). Abbraccia il bambino e dice: “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me” (9,37). Non è facile comprendere questa parola in un’epoca come la nostra in cui i bambini sono coccolati e posti sul trono. Al tempo di Gesù, invece, i piccoli non avevano alcun ruolo sociale e non godevano ancora di quella dignità  riconosciuta all’adulto. Il Nazareno chiede di essere accolto proprio come quel bambino che, agli occhi del mondo, non contava niente. Questo gesto contiene perciò una forte provocazione, come se dicesse: “Non vi scandalizzate se mi vedrete disprezzato e rifiutato, il mistero di Dio si compie attraverso l’umiliazione”. La fede ci dona la grazia di vedere le croci non come ostacoli ma come i sentieri della nostra quotidiana purificazione.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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