
Non è un editto di tolleranza
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 9,38-40)
In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi».
Il commento
“Chi non è contro di noi è per noi” (9,40). Queste parole sigillano un bellissimo insegnamento che in modo troppo sbrigativo viene presentato come un editto di tolleranza. Gesù invece offre i criteri per un vero discernimento. Egli invita a non considerare nemici coloro che non sono “con noi”, cioè quelli che non appartengono formalmente alla comunità ecclesiale. Questo criterio può e deve essere letto anche dal versante opposto in quanto, implicitamente, suggerisce di non considerare amici coloro che sono contro di noi. In altre parole: vi sono tante persone che non perseguitano la Chiesa, non la calunniano, non cercano a tutti i costi di impedire la sua opera. Costoro possono essere considerati amici e collaboratori. Ma cosa dire allora di coloro che pongono ostacoli al Vangelo, cercano di soffocare la voce e l’opera dei battezzati? Tutti possono contribuire a far crescere il Regno di Dio, anche quelli che non si riconoscono discepoli di Gesù. E tutti possono contribuire a spegnere la luce della verità, anche coloro che fanno parte della comunità visibile dei credenti. Non conta la carta d’Istituto né l’abito che indossiamo. Contano le parole e le opere. Chi lotta contro la Chiesa e, per quanto dipende da lui, cerca frenare o bloccare l’opera salvifica non può essere considerato un alleato. Non si tratta di alzare muri o di alimentare sterili contrapposizioni. Non è questo lo stile del Vangelo. Si tratta semplicemente di costruire relazione umane nella verità. Non possiamo lodare coloro che gettano fango sulla Chiesa perché, anche se non è pienamente consapevole, di fatto diventa complice del male. Possiamo e dobbiamo amare ogni uomo perché riconosciamo in lui una preziosa immagine di Dio. Ma è proprio l’amore per lui che ci spinge a dire che non possiamo condividere le sue posizioni. Tutti vanno amati ma è doveroso sapere chi è per noi, cioè chi lavora per il Regno, anche senza saperlo; e chi invece, anche senza averne piena avvertenza, pone oggettivi ostacoli alla diffusione del Vangelo. È una distinzione utile e necessaria per muoverci nell’agorà sempre più confuso del nostro tempo.
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