
Azzerare i conflitti
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,20-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: Stupido, dovrà essere sottoposto al sinèdrio; e chi gli dice: Pazzo, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».
Il commento
“Lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello” (5,24). La pedagogia quaresimale intreccia preghiera e carità fraterna. La preghiera non può diventare un’esperienza intimistica che ci chiude nell’abbraccio con Dio. Se l’incontro con Dio è autentico, apre il cuore ai fratelli, vince il nostro ostinato e radicato individualismo. Se vogliamo essere seminatori di pace e di speranza nel mondo, dobbiamo iniziare a costruire rapporti umani più autentici con le persone che incontriamo ogni giorno, quelle che fanno parte del nostro piccolo mondo. Non è facile né scontato perché la vita è inquinata dal male, il peccato insidia le migliori intenzioni. I conflitti sono inevitabili. Inutile lamentarci e/o attribuire agli altri la colpa. Il facile giudizio può diventare una trappola mortale che alimenta una progressiva chiusura. Gesù chiede di vincere l’istintiva collera e invita a cercare la via della riconciliazione. Sempre e comunque. Qui non si parla genericamente del prossimo ma del fratello, si fa dunque riferimento ai battezzati con i quali condividiamo l’esperienza di fede. In questo caso la comunione fraterna è presentata come un bene assoluto che viene prima di ogni altro obiettivo, precede anche la liturgia. Commenta san Giovanni Crisostomo, un vescovo del quarto secolo: “Dio trascura il suo onore in favore della carità verso il prossimo”. E traduce così il comando evangelico: “S’interrompa il mio culto, affinché permanga la tua carità, poiché è un sacrificio anche la riconciliazione verso il fratello”. Questa via appare difficile, talvolta impossibile. Beati quelli che accolgono questa Parola con gioia e s’impegnano a metterla in pratica: se cerchiamo in stare in pace con tutti, possiamo sperimentare fin d’ora un frammento di quell’eterna beatitudine in cui tutti i santi sperimentano la gioia della comunione. Oggi chiediamo la grazia di azzerare i confitti e ricucire i rapporti più problematici per fare della Pasqua un segno di quella riconciliazione che Dio ha donato all’umanità per mezzo della croce.
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