Congresso delle famiglie

Congresso delle famiglie a Verona: tra polemica e indifferenza, stiamo almeno ad ascoltare

Congresso delle famiglie a Verona

di Giovanna Abbagnara

Ai nastri di partenza la Conferenza sulla Famiglia che si svolgerà dal 29 al 31 marzo a Verona. Tra fronti politici spaccati, tentativi di censura, fake news sui relatori, silenzi che pesano come macigni, emerge il desiderio di un popolo di parlare di famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna. Potremmo almeno ascoltare cosa hanno da dire?

Nel 2011 papa Benedetto XVI nel suo discorso iniziale del viaggio apostolico in Germania ebbe a dire che: “La libertà ha bisogno di un legame originario ad un’istanza superiore. Il fatto che ci sono valori che non sono assolutamente manipolabili, è la vera garanzia della nostra libertà”. Dopo appena tre mesi al concetto di libertà sui valori non manipolabili aggiunse anche quello sul perseguimento della pace: “Coloro che non apprezzano a sufficienza il valore della vita umana e, per conseguenza, sostengono per esempio la liberalizzazione dell’aborto, forse non si rendono conto che in tal modo propongono l’inseguimento di una pace illusoria. La fuga dalle responsabilità, che svilisce la persona umana, e tanto più l’uccisione di un essere inerme e innocente, non potranno mai produrre felicità o pace. Come si può, infatti, pensare di realizzare la pace, lo sviluppo integrale dei popoli o la stessa salvaguardia dell’ambiente, senza che sia tutelato il diritto alla vita dei più deboli, a cominciare dai nascituri? Ogni lesione alla vita, specie nella sua origine, provoca inevitabilmente danni irreparabili allo sviluppo, alla pace, all’ambiente. Nemmeno è giusto codificare in maniera subdola falsi diritti o arbitrii, che, basati su una visione riduttiva e relativistica dell’essere umano e sull’abile utilizzo di espressioni ambigue, volte a favorire un preteso diritto all’aborto e all’eutanasia, minacciano il diritto fondamentale alla vita. Anche la struttura naturale del matrimonio va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale”. E aggiunge, per quelli che vedono in questi principi solo una forma oscurantista di una ormai superata concezione religiosa: “Questi principi non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del diritto alla libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità” (Messaggio per la Giornata della Pace 2012).

Non si può non pensare a questo punto agli scivoloni non certamente eleganti della senatrice Monica Cirinnà di qualche settimana fa: “Dio, patria, famiglia: che vita de merda!”.  Slogan seguito da una dichiarazione in una più nota trasmissione televisiva acchiappa audience del pomeriggio italiano, in cui afferma: “Un congresso sulla famiglia dovrebbe parlare di tutte le famiglie. Non si possono ospitare persone, per esempio libri come Sposati e sii sottomessa”, ignorando la lingua italiana e anche la notizia che Costanza Miriano non è tra i relatori del Congresso.

La Cirinnà è solo l’emblema di una più ampia alzata di scudi che naturalmente ha fatto e farà da barriera a tutto quello che di buono si dirà nella tre giorni veronese. Non ricordo, di aver letto articoli che riportavano lo stesso accanimento mediatico, volgare e irruento di questi giorni, quando il Congresso si è svolto in Moldavia nel settembre scorso. La mia mente ricorda solo le parole chiare e appassionate del cardinale Parolin: “la verità del matrimonio e della famiglia è duratura”, ed “è di vitale importanza che continui ad esser proclamata nella sua integrità, specialmente in tempi come i nostri, in cui siamo coscienti di quanto appaiano fragili così tante relazioni umane”.

Ebbene la notizia è che in Italia tutto questo non può essere ribadito con altrettanta serenità e libertà. Chi lo fa, chi si permette di promuovere la vita nascente, difendere il concepito, aiutare le mamme, tutelare la famiglia fondata sul matrimonio deve essere pronto a subire la gogna mediatica, la pubblica accusa e censura. Si è costretti a difendersi, a smascherare le varie fake news che emergevano come funghi sui relatori del Congress Word Family. E tutto questo cosa comporta? Che di tutto si parla tranne che di famiglia, della sua bellezza, della sua unicità, della sua indispensabile capacità di creare rete di relazioni per ogni bambino.

Il silenzio che proviene da alcune stanze ecclesiali e dell’associazionismo familiare un po’, diciamolo pure fa male. Fa male vedere che su questi temi non siamo uniti e concordi. È vero che l’evento può e forse sarà strumentalizzato politicamente, che forse i leader di turno hanno compreso che battere sui temi della famiglia e della vita permetterà di acchiappare nella rete una buona fetta di elettorato italiano ma questo prendere le distanze, questa idea di lavorare ognuno secondo le proprie sensibilità, l’indifferenza con la quale molti parroci guardano da lontano perché non avendo ricevuto dalla CEI nessuna indicazione di fondo, meglio “non impicciarsi troppo” non ha buoni effetti sulla comunità tutta.

C’è un dato di fatto: il Congresso mondiale delle famiglie a Verona ha registrato il tutto esaurito. C’è un popolo che abbandonate tutte le maschere ideologiche, fa i conti con la realtà. Una comunità che si rispecchia nella bellezza del matrimonio, nelle difficoltà a sbarcare il lunario, nel disagio, comune a molte donne, di destreggiarsi tra lavoro, casa e figli. La gente vuole sentir parlare del diritto dei più piccoli, spesso vessati e ingiuriati da sistemi scolastici non all’altezza del compito. Le famiglie hanno bisogno di essere tutelate dal sistema legislativo, sanitario, giudiziario. Cosa c’è di sbagliato in tutto questo? Perché non accogliere il placet del popolo a questa iniziativa? Perché screditare quanti si riconoscono ancora nell’ideale della famiglia tradizionale, se davvero si può parlare di tradizione quando si parla di famiglia? Gli italiani che andranno al Congresso sono da rispettare come quelli che hanno preso le distanze. Se è vero che siamo in un Paese democratico allora il primo nemico da abbattere non è la diversità, ma il pregiudizio. Il pregiudizio nei confronti di quelle che sembrano delle minoranze e che invece, in eventi come questo, fanno sentire la propria voce e rivelano il volto di una Italia che ha bisogno di essere riconosciuta.

Massimo Gandolfini, uno dei leader del Congresso nella Conferenza Stampa ha detto: “Il mondo italiano presente al congresso non dirà proprio nulla che sia contrario alla nostra Costituzione: la famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio (art.29), il diritto di educazione spetta a papà e mamma (art.30), la donna deve essere messa in condizione di poter liberamente scegliere il progetto della sua vita, fra famiglia e lavoro fuori casa (art.37). Dunque, garanzie di sostegno anche economico perché questa libera scelta si concretizzi, trovando conciliazione fra accudimento della famiglia e mondo del lavoro. E si concretizzi anche l’articolo 31 della Costituzione, certamente il più negletto dal ’48 ad oggi: il sostegno alle famiglie numerose, vero antidoto alla devastante denatalità che ammorba il nostro Belpaese”.

E don Fortunato Di Noto, fondatore di Meter, se non erro l’unico presbitero italiano presente tra i relatori dice rammaricato che neanche i bambini e la loro tutela ci uniscono: “Sarò uno dei relatori al XIII Congresso Mondiale delle Famiglie che si terrà a Verona, dal 29 al 31 marzo; sono stato invitato a raccontare di Meter e l’impegno, da 30 anni, contro ogni forma di abuso sui minori, contro la pedofilia e la pedopornografia: una tragedia immane, globale, trasversale, criminale. Una società dove ci sono i pedofili e dove i bambini non hanno mai conosciuto l’innocenza, il gioco, ma solo malvagità umana di adulti senza scrupoli, malvagi e perversi. Piccoli schiavi sessuali della perversione criminale di molti. Perché la pedofilia, la pedopornografia e l’abuso sui minori sono atti criminali. Oltre la ideologia sottostante a giustificare e normalizzare tale “lecita e naturale tendenza”.

Già, dimenticavo che anche questo è faccenda medievale e di caccia alle streghe. Invito chiunque a venire nelle nostri sedi Meter e ad avere il coraggio di aiutarci, dopo averli trovati, tutti i siti pedofili e pedopornografici individuati e formalmente inoltrati alle Polizie di tutto il mondo. Già, perché denunciare questi abomini è oscurantismo”. E aggiunge senza mezze misure: “La pedofilia e la pedopornografia, gli abusi sessuali sui minori sono un crimine? O non è un crimine, dato che si è sviluppata una lobby, molto trasversale e stratificata, che tende – con molta pervasività e potenza mediatica – a far passare l’accettazione della pedofilia come l’ultimo tabù sessuale da abbattere. Non posso documentare, in questo mio appunto, quanto le lobbies pedofile, sostengono e promuovono. È tutto sotto gli occhi di tutti”.

Hai ragione don Fortunato, tanti troppi tramano contro la vita nascente, contro la famiglia, mentre qui discutiamo delle caramelle da contenderci tanti bambini subiscono abusi.

“L’abuso è abuso, è un reato ed è un peccato (per chi è credente), da qualunque e da chiunque lo commette: eterosessuali, omosessuali, transessuali, dai 70 e più gender e orientamenti sessuali. Spero siamo d’accordo e che non cadiamo nella lotta ideologica di chi sostiene altro e oltre. Non ho intenzione di collocarli o definirli o etichettarli; in chi si sta ergendo contro questo Congresso, forse c’è della malafede e una lettura parziale e strumentale dell’evento che ritengo una importante occasione per dire e ribadire che la pedofilia e l’abuso sui minori è un abominio. E solo una famiglia, bella, viva, gioiosa, responsabile può essere l’antidoto a questi abomini che avvengono nell’ambito familiare, anche ecclesiale, e in altri luoghi educativi e aggregativi ma che hanno assunto livelli di sfruttamento criminale. Non possiamo permetterci di avere “tanti bambini orfani con genitori vivi”.

Ecco quello che spero ascolteremo in questi giorni. Parole chiare, testimonianze concrete di chi ha dato la vita per i valori non negoziabili e soprattutto non manipolabili. Il Medioevo lasciamolo ai libri di storia, le grida lasciamole alle stanze del Palazzo, l’indifferenza lasciamola a quel sacerdote che “scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte”.

Se Verona avrà il merito di riaccendere i riflettori su alcuni temi, quantomeno noi dovremmo avere il buon senso di stare ad ascoltare. Senza girarci dall’altra parte e senza pregiudizi se possibile.




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