
Non chiudere mai la porta
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 10,31-42)
In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre; per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata -, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani. Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.
Il commento
“Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano” (10,40). La conclusione di questo brano offre una scena imprevista e carica di provocazioni. Gesù si allontana dal Tempio, lascia la Città Santa per rifugiarsi in un luogo più sicuro. Non è una fuga, il Rabbì sente il bisogno di riprendere fiato dopo le discussioni estenuanti e infruttuose con i rappresentanti dell’autorità religiosa. Si reca nel luogo dove Giovanni battezzava e dove lui stesso aveva ricevuto il mandato missionario. Un luogo familiare. Non può restare solo, l’evangelista annota che “molti andarono da lui” (10,41) e riconoscevano che i segni da Lui compiuti confermavano la parola del Battista che lo aveva indicato come il Messia. Non è una visita di cortesia ma la manifestazione di una fede sincera: “in quel luogo molti credettero in lui” (10.42). Le parole conclusive mettono in luce un contrasto evidente. Nel Tempio di Gerusalemme Gesù viene aspramente contestato da quanti credono di essere i più qualificati rappresentanti di Dio, le sue parole non riescono a scalfire la coscienza di quelli che lo accusano di essere un impostore. In questo luogo, invece, che si trova lontano dalla Città Santa, la gente semplice e povera lo accoglie e lo riconosce come l’Inviato di Dio. Due modi diversi di leggere gli stessi eventi: l’uno conduce al rifiuto di Dio; l’altro permette di aprire le porte a Colui che “viene nel nome del Signore” (Lc 19,38). Questo contrasto non appartiene solo alla storia passata ma è una provocazione che rischiara il nostro presente. Dobbiamo essere sempre vigilanti, Gesù avverte: “i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio” (Mt 21,31). Chi pensa di aver capito e di aver già risposto, rischia di chiudere le porte a Dio. Chi invece accoglie sempre nuovamente la Parola e si lascia mettere in crisi, sperimenterà una grazia ancora più abbondante. E chi accoglie con cuore sincero quella luce che ha sempre rifiutato, riceverà la veste della gioia e potrà fare di questa Pasqua l’inizio della grande avventura. Un ammonimento e un appello sempre valido all’inizio della settimana santa.
Nessun commento per “Non chiudere mai la porta”