
Un’altra vita
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 24,35-48)
In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».
Il commento
“Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho” (24,39). Gesù vede la paura dei discepoli e vuole rassicurarli: le mani e i piedi sono stati trapassati dai chiodi e dunque permettono di riconoscere che “il corpo risuscitato con il quale si presenta a loro è il medesimo che è stato martoriato e crocifisso, poiché porta ancora i segni della passione” (Catechismo, 645). L’immagine evangelica contiene una verità che spesso dimentichiamo: la condizione gloriosa non fa sparire le tracce della croce; la sofferenza rimane e accompagna misteriosamente il cammino della storia ma anch’essa è stata redenta e partecipa alla redenzione del mondo. Il Corpo glorioso di Gesù ricorda che il cristianesimo è ben radicato nella storia. Quel Dio che è entrato nella condizione umana attraverso la carne di Maria, Colui che ci ha “ riconciliati nel corpo della sua carne mediante la morte” (Col 1,22), è realmente presente attraverso l’Eucaristia, segno sacramentale del suo Corpo. Possiamo toccarlo e contemplarlo, come scrive l’apostolo Giovanni (1Gv 1,1). Possiamo sederci alla stessa mensa. Annunciare che Cristo è risorto non significa dire che egli ritornato alla vita terrena. Ha ricevuto un’altra vita. Il corpo di carne di Gesù è stato investito dal soffio dello Spirito, rimanendo un corpo. L’umano e il divino sono perciò uniti. E lo sono per sempre.
Il corpo trasfigurato di Cristo è immagine e caparra del mondo redento. Il cristianesimo dà all’umana esistenza, soggetta alle leggi del tempo che tutto consuma, un respiro di eternità. Senza questa certezza saremmo prigionieri della precarietà. Il Risorto apre un orizzonte nuovo, ci dona la certezza di un oltre. Per questo possiamo vivere a testa alta, come uomini liberi e non come schiavi. Sappiamo che questo tempo è vestito di eternità ma nello stesso tempo attendiamo di entrare in questa pienezza che qui possiamo solo gustare di passaggio, come turisti che ammirano un paesaggio bellissimo. Oggi chiediamo la grazia di fare della beata eternità il centro e il cuore di ogni nostra scelta.
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