
Ed ebbero paura
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,16-21)
Venuta la sera, i suoi discepoli di Gesù scesero al mare, salirono in barca e si avviarono verso l’altra riva del mare in direzione di Cafàrnao. Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!». Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti.
Il commento
“Videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura” (6,19). Subito dopo il miracolo dei pani, Gesù si allontana, si ritira sul monte, fa capire ai discepoli che vuole restare solo (6,15). I discepoli salgono sulla barca per andare dall’altra parte del lago. Il cuore è colmo di delusione. In questo contesto Gesù si fa vedere. La scena è una forte impronta pasquale. La sua venuta nella notte suscita una comprensibile paura: i discepoli, infatti, vedono Gesù che cammina sulle acque. È un fatto che sfugge ad ogni spiegazione. Si tratta di un’icona eloquente dell’esperienza di fede. L’incontro con Dio non avviene sul terreno della razionalità, in cui ci sentiamo a nostro agio, ma su quello della fede, dove l’unico protagonista è Dio. Dovremmo preoccuparci quando un’eccessiva familiarità con il Sacro scade nell’abitudine e toglie quel timore che nasce dalla certezza di stare alla presenza di Dio. Come i discepoli, anche noi sperimentiamo un’istintiva paura quando Dio viene in modo imprevedibile e/o chiede cose che non abbiamo messo in agenda. È una reazione emotiva del tutto normale e pienamente in linea con la nostra umanità. E tuttavia, se rimaniamo prigionieri della paura, finiamo per soffocare la speranza che invece, anche nelle situazioni più difficili, suggerisce di non arrenderci e di ricominciare. Mettiamo in conto la paura, non ci scandalizziamo se un giorno siamo costretti a riconoscere di aver paura o se qualche persona cara confessa di avere inquietudini e una certa agitazione dinanzi alle scelte da fare. Questo timore può renderci più prudenti. Se però diamo alla paura un ruolo decisivo, allora non siamo più capaci di agire secondo Dio. È la speranza la luce del nostro cammino. Chi ha fede non rinuncia a lottare ed è sempre pronto a ricominciare, non si sente bravo e forte ma si fida di Dio che non fa mancare il pane quotidiano. In uno dei passaggi significativi della sua vita, Teresa fa questa preghiera: “Non voglio essere una santa a metà, non mi fa paura soffrire per te” (Ms A 10v). È questa la fede che oggi chiediamo.
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