Eutanasia

Suicidio assistito: per un medico la morte deve restare un nemico da combattere

medico

di Gabriele Soliani

Il Codice di deontologia medica, nella sua formulazione attuale, impedisce al medico di effettuare e/o favorire atti finalizzati a provocare la morte del paziente. Legalizzare il suicidio assistito vorrebbe dire capovolgere questo paradigma. A dirlo è la Fnomceo (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri).

La Federazione nazionale dell’ordine dei medici e degli odontoiatri (Fnomceo) nell’audizione presso le Commissioni Riunite Giustizia e Affari Sociali della Camera dei Deputati, il 30 maggio ha divulgato il documento, elaborato nel marzo scorso dalla Commissione deontologica nazionale fino ad oggi rimasto riservato. E ha dichiarato: “Non è eludibile la facoltà del medico d’agire in rispetto della clausola di coscienza o, addirittura ove fosse normato (il suicidio assistito), ad esprimere obiezione, come espressione del diritto del cittadino allo stesso tempo medico, chiamato per sua stessa missione nei momenti critici dell’esistenza alla tutela della vita e della dignità della persona affidatagli”.

“Il Codice deontologico, e la legge: quando si tratta di accompagnare il cittadino nelle scelte che riguardano la sua salute, anche in quelle di frontiera, come il nascere, il morire, il curare l’inguaribile, è lì, nei principi della deontologia e nelle disposizioni già vigenti, che il medico trova tutte le risposte”.

L’argomento dibattuto erano le tre proposte di legge, attualmente all’esame delle Commissioni, in materia di eutanasia e rifiuto dei trattamenti sanitari. Ed è proprio su un parere elaborato dalla Consulta sul suicidio assistito a seguito dell’Ordinanza della Corte Costituzionale sul caso di dj Fabo, poi fatto proprio dal Comitato Centrale e già presentato al Comitato nazionale per la bioetica, che si è incentrata l’audizione della Commissione.

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“La professione medica non è tecnicismo – ha affermato Muzzetto, coordinatore della Consulta deontologica della Fnomceo. “È nutrita del valore della libertà di agire in scienza e coscienza per il bene del paziente: la Fnomceo ritiene che il Codice deontologico continui ad avere le risposte adeguate ai bisogni di salute del cittadino. Le cure palliative sono la soluzione che può mantenere intatto il rispetto della dignità della persona malata”. Continua la Fnomceo: “La professione del medico segue da millenni un paradigma che vieta di procurare la morte del paziente. Se viene capovolto, occorre che ne discuta l’intera società, perché le conseguenze non si limitano all’agire del medico, del quale, comunque, non può essere limitata la libertà di coscienza. Da sempre i medici hanno visto nella morte un nemico e nella malattia un’anomalia da sanare: mai si è pensato che la morte potesse diventare un alleato, che potesse risolvere le sofferenze della persona. Se fosse approvata la legalizzazione all’aiuto al suicidio, verrebbe capovolto questo paradigma. Se ne deve discutere in profondità, perché le ripercussioni non riguardano solo i medici e le altre professioni sanitarie: il meccanismo che porta ad accompagnare una persona verso il suicidio coinvolge l’intera società”.

E ancora: “Le condotte agevolative che spianino la strada a scelte suicide non possono ricadere solo sul medico. Al medico deve anzi essere attribuito il ruolo di colui che tutela i soggetti più fragili. Il divieto di favorire o procurare la morte ha sempre protetto la professione medica e i cittadini, come insegna la storia. La Fnomceo ribadisce che i principi del nostro Codice sono esaustivi dell’esercizio della professione e che il paradigma che l’ha ispirato continua a essere valido. Per il rispetto della dignità della persona che soffre, grazie alla legge 38/2010 abbiamo strumenti adeguati che sono le cure palliative, la terapia del dolore fino alla sedazione profonda. Occorre applicare meglio queste terapie, che possono essere lo strumento migliore per evitare lesioni della dignità delle persone e prevenire richieste di suicidio”.

Per il medico restano validi, e altrettanto ineludibili, i principi del Codice deontologico. “Il Codice di deontologia Medica, nella sua formulazione attuale, impedisce al medico di effettuare e/o favorire atti finalizzati a provocare la morte del paziente. Nel contempo, impone al medico di rispettare la dignità del paziente, evitando ogni forma di accanimento terapeutico. In ottemperanza dell’autodeterminazione del paziente da un lato, e nel rispetto della clausola di coscienza del medico dall’altro, l’attuazione della volontà del paziente nel rifiutare le cure, pone il ricorso alla sedazione profonda medicalmente indotta, come attività consentita al medico in coerenza e nel rispetto dei precetti deontologici. Tutto ciò nel rispetto della dignità del morente”. Una posizione questa che il documento della Consulta deontologica esprime con ancora maggiore nettezza quando in conclusione afferma come “…non sia eludibile la facoltà del medico comunque d’agire in rispetto della clausola di coscienza o, addirittura ove fosse normato (il suicidio assistito), ad esprimere obiezione, come espressione del diritto del cittadino allo stesso tempo medico, chiamato per sua stessa missione nei momenti critici dell’esistenza alla tutela della vita e della dignità della persona affidatagli”.




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