
Un solo Padre, tutti fratelli.
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,43-48)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Il commento
“… affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni” (5,45). In queste parole possiamo individuare la ragione ultima di quel comandamento che fa tremare il cuore. In effetti, “amare i nemici” è come camminare su una via cosparsa di spine. Pur sapendo che quella strada conduce alla meta più radiosa, abbiamo paura di farci male. La paternità di Dio è certamente una bella notizia ma spesso la percepiamo in modo assai riduttivo, sottolineando solo la dimensione filiale e trascurando quella fraterna. È bello sapere di avere un od amorevole che si prende cura di noi; meno bello è sapere di avere tanti fratelli, “buoni e cattivi”. L’annuncio della divina paternità è inevitabilmente intrecciato alla responsabilità di vivere come fratelli. Nasce qui la vocazione all’unità che coinvolge tutto il genere umano, come leggiamo nella Gaudium et spes: “Dio, che ha cura paterna di tutti, ha voluto che gli uomini formassero una sola famiglia e si trattassero tra loro con animo di fratelli”. Lo stesso documento, dopo aver richiamato la preghiera di Gesù perché “tutti siano uno” (Gv 17,21), afferma con chiarezza: “mettendoci davanti orizzonti impervi alla ragione umana, [il Signore] ci ha suggerito una certa similitudine tra l’unione delle persone divine e l’unione dei figli di Dio nella verità e nella carità” (n. 24). Il desiderio dell’unità appartiene al cuore di ogni uomo, fa parte del disegno che Dio ha nascosto nella creazione, ma è stato manifestato in pienezza da Gesù: Egli è venuto, infatti, per abbattere il muro di separazione, distruggere l’inimicizia, e riconciliare l’umanità nel suo Sangue (Ef 2, 14-18). Il cristianesimo ha dunque un impegno preciso, anzi un vero obbligo morale. La strada da percorrere è lunga e spinosa ma è l’unica che garantisce una pacifica convivenza. L’alternativa è certamente più dolorosa perché da una parte alimenta una costante conflittualità tra popoli e nazioni; e dall’altra impedisce a Dio di risplendere nel cielo dell’umanità come un sole che dona a tutti luce e vita.
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