
Ecologia umana
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 6,24-34)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».
Il commento
“Non preoccupatevi per la vostra vita” (6,25). Più che un’esortazione etica è un annuncio, cioè una buona notizia. Gesù chiede ai discepoli di evitare ogni eccessiva preoccupazione in relazione allele necessità della vita materiale. La traduzione non è ottimale. Il verbo greco [merimnaô] fa riferimento alla cura ma contiene l’idea dell’ansietà. Non possiamo vivere senza preoccupazioni ma dobbiamo evitare di cadere nell’agitazione e dare ai beni materiali uno spazio maggiore di quello che pure è doveroso concedere. La nostra vita non può essere assorbita esclusivamente o eccessivamente dalle preoccupazioni per le necessità quotidiane del vivere. Tutte cose utili a condizione di non dare loro un primato o uno spazio esorbitante. Il Vangelo non condanna il benessere, se viene inteso come l’insieme di quelle condizioni sociali che favoriscono una vita più dignitosa e consentono all’uomo di realizzarsi in tutta libertà. Il Signore tuttavia conosce il cuore dell’uomo e sa quanto sia facile attaccarsi ai beni della terra; per questo mette in guardia da quella brama di avere che spesso inquina l’esistenza. Imparare a rinunciare alle cose è la premessa per cercare e/o custodire beni più grandi. Una forma di ecologia umana di cui poco si parla. Tutto questo può nascere solo dalla certezza interiore che il buon Dio, come un Padre premuroso, accompagna i nostri passi: “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro?” (6,28). Parole cariche di poesia ma lontane dalla vita. Almeno così appaiono alla maggior parte dei battezzati, compresi preti e religiosi. Dobbiamo ritrovare la fede nella Provvidenza. Oggi vi invito a recitare il salmo in cui Dio è invocato come un Pastore che non fa mancare nulla: “Su pascoli erbosi mi fa riposare, / ad acque tranquille mi conduce”. La preghiera termina con queste parole: “Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne / tutti i giorni della mia vita”. È questa la fede che oggi chiediamo.
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