Aborto di Stato

Nascere o abortire? Decide lo Stato!

Feto, aborto

di don Silvio Longobardi

In Gran Bretagna una donna disabile è costretta contro la sua volontà a interrompere la gravidanza, nonostante anche la nonna del bambino si era resa disponibile a prendersi cura di lui. “Abbiamo molte ragioni per cui essere preoccupati e molte per cui essere occupati a impegnarci di più”.

La Chiesa ricorda oggi la nascita di Giovanni Battista, l’unico santo, oltre alla Vergine Maria, di cui celebriamo il giorno in cui è venuto alla luce. Celebriamo la vita come un dono imprevisto che ha rallegrato la storia di una coppia e ha donato a Israele un profeta. Quando nasce un bambino non possiamo sapere quello che Dio ha pensato per lui. Non poteva saperlo nemmeno la mamma di Franco Zeffirelli, la povera donna aveva tanti e buoni motivi per interrompere quella gravidanza, frutto di una relazione extraconiugale. È stato lo stesso Zeffirelli a raccontare questa vicenda. Tutti facevano il tifo per l’aborto. Lei no. Sapeva che avrebbe trovato comprensione negli altri ma sapeva anche che non avrebbe mai potuto dimenticare quel gesto. Lei sapeva che avrebbe commesso un omicidio. Sì, inutile girarci attorno e usare le parole più raffinate per negare la realtà dei fatti.

Alcuni mesi fa, in un piccolo paese in provincia di Siracusa trovarono un cucciolo di cane impiccato. Il sindaco commentò: “Un gesto da criminali”. Mi farebbe piacere sapere cosa pensa della vicenda accaduta in Gran Bretagna e recentemente raccontata dalla Bussola: una mamma è stata costretta ad abortire. Avete letto bene: costretta. Si tratta di una ragazza maggiorenne ma disabile. La sua mamma si dichiara disposta a prendersi cura del bambino, cioè del nipotino. In ogni caso potrebbe essere adottato e di coppie disposte ad accogliere un bambino ce ne sono a centinaia. Niente da fare. Questo bambino non può vedere la luce. I giudici ritengono che l’aborto (cioè l’uccisione di un bambino) sia preferibile al trauma che proverebbe la giovane donna mettendo alla luce un figlio che poi non potrà rivedere. Per evitare un trauma, tutto da provare, si uccide un bambino alla 22a settimana di gestazione.

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Dinanzi a questo fatto la ragione si ferma. Fatica ad avanzare. Non ci sono parole per commentare una scelta di questo tipo. Ai tempi del Terzo Reich le persone che presentavano un ritardo mentale o una disabilità venivano eliminate perché non potevano rappresentare degnamente una Nazione che aveva l’ambizione di dominare il mondo. In questo caso, invece, il bambino è perfettamente sano, viene eliminato perché la mamma non è in grado di prendersi cura di lui. Questa scelta dovrebbe far inorridire la comunità civile o almeno suscitare un vivace confronto sul valore etico di queste scelte e, prima ancora, sulla legittimità dello Stato ad intervenire così pesantemente nella vita privata delle persone. Niente di tutto questo. Ci sono altre questioni. Qualche giorno fa un sito riportava questa notizia, immediatamente ripresa da alcuni quotidiani nazionali: “Basta mucche con l’oblò: il terribile video che sta facendo indignare la Francia (e non solo)”.

Parlare di questo bambino significa mettere in discussione quella che il Potere culturale considera una grande conquista civile: la libertà di uccidere un bambino. Un diritto acquisito e intoccabile che viene difeso “a spada tratta”, è proprio il caso di dirlo. Un bambino è solo una cosa, la mamma decide se farlo nascere o decretare la morte. Tutto questo si chiama autodeterminazione della donna. Il grande totem del Novecento. Se invece la donna decide che vuole tenersi il bambino, come appare in questo caso, lo Stato interviene per togliere d’imperio l’autodeterminazione. Se questa è l’etica dei tempi moderni, abbiamo più di un motivo per essere preoccupati. Ma abbiamo tanti buoni motivi per essere ancora di più occupati e impegnarci con maggiore determinazione per promuovere il diritto alla vita.




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