
Cani e porci
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 7,6.12-14)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti. Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».
Il commento
“Non date le cose sante [tò ághion] ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci” (7,6). Le cose sante sono tutte quelle realtà che riguardano la santità di Dio e svelano il suo volto. Ad una prima lettura, questo insegnamento ci abilita a vestire i panni di colui che giudica quali persone sono degne di ricevere le cose sante. Un ministero che in alcuni casi si rivela necessario. In realtà, il Vangelo interpella anzitutto chi lo ascolta, per questo ci chiede di verificare come noi ci accostiamo alle cose sante, quelle che hanno a che fare con il mistero di Dio. Potremmo essere noi quei cani e porci di cui parla Gesù, quelli cioè che non sono in grado di ricevere il dono di Dio. Il nostro modo di pensare e di agire ci rende impuri, incapaci di accostarci al mistero e di accogliere quella grazia che il buon Dio non si stanca di donare. Questa verifica personale, che c’impegna a guardare con assoluta onestà la nostra vita, s’intreccia con la coscienza ministeriale. L’insegnamento evangelico ci chiede di custodire con cura la Parola e la Liturgia, veicoli principali della presenza divina. Le cose sante, proprio perché tali, devono essere date nella forma che rispecchia e rispetta la loro dignità. Non possiamo annunciare la Parola di Dio senza prima meditarla in modo che la comunicazione sia fatta con quella passione che lascia trasparire la presenza dello Spirito. Non possiamo celebrare la liturgia in modo sciatto e superficiale ma con quella cura che permette a tutti di prendere coscienza di essere immersi in un grande mistero. L’esortazione che oggi il Vangelo ci consegna può essere tradotta così: fate attenzione, vi è stato affidato qualcosa di grande, avete ricevuto una parola che parla di Dio ed ha la forza di donare Dio all’umanità. Non sciupate questa grazia, fate in modo che possa apparire in tutta la sua bellezza e portare frutti abbondanti. Consapevoli di aver ricevuto un dono grande, oggi chiediamo che la nostra vita possa essere un segno eloquente di quella santità che viene da Dio e conduce a Dio.
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