
Il tempo della correzione
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 11,20-24)
In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te!».
Il commento
“Allora cominciò [ērxato] a rimproverare le città” (11,20). Il verbo non fa pensare ad un’azione circoscritta ad una determinata circostanza ma ad un atteggiamento prolungato. Come c’è il tempo della semina e quello del raccolto, così c’è il tempo della proposta e quello della correzione. Gesù ha testimoniato in opere e parole e ora chiede conto a quanti hanno ricevuto la testimonianza. Ha acceso la luce, ha mostrato la luce e ora domanda perché questa luce non ha trovato accoglienza e/o non risplende. Fa riferimento ai prodigi che ha compiuto (11,20) perché sono segni capaci di scuotere e suscitare la fede. Se scorriamo le pagine del Vangelo la lista è lunga: Il servo del centurione, la figlia di Giaìro e poi ancora il paralitico; nei pressi di Betsàida è avvenuta la moltiplicazione dei pani e tanti altri. Nonostante i molteplici prodigi, quelle città o quegli abitanti sono rimasti piuttosto indifferenti. Ancora oggi è così: se questi segni così luminosi non hanno trovato accoglienza, che cosa ancora attende l’umanità?
“Cominciò a rimproverare”. Beati noi se permettiamo a questa parola di Gesù di scuotere la nostra coscienza. A volte accogliamo il rimprovero con una sorta di fastidio, scrollando le spalle, come se la cosa non ci riguardasse. In altri casi, non possiamo fare a meno di riconoscere i limiti, ma ci rifugiamo nelle giustificazioni e così mettiamo la coscienza a posto. Siamo soliti dire che non abbiamo fatto tutto quello che era possibile ma aggiungiamo che più di questo non potevamo fare. Beata quella Chiesa che sa incoraggiare e correggere per suscitare un vero cammino di conversione. Teresa di Lisieux era entrata da pochi mesi in monastero quando scrive queste parole: “voglio lavorare molto, mentre il giorno della vita risplende ancora, perché dopo verrà la notte, quando non potrò fare nulla. Cara zia, preghi per la sua piccola figlia, affinché non abusi delle grazie che il buon Dio le prodiga nella fertile valle del Carmelo” (LT 71, 28 dicembre 1888). Affidandoci all’intercessione della Vergine del Carmelo, che invita a salire sulla santa montagna, è questa la preghiera che oggi vogliamo consegnare al Signore.
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