
Il grido dell’umanità
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 15,21-28)
In quel tempo, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.
Il commento
“Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare [ekraúgasen]” (15,22). Non alza la voce solo per farsi sentire. L’evangelista usa lo stesso verbo [kraugázō] che più tardi troviamo nella pagina più oscura del Vangelo, la donna esprime il suo dolore con un grido, lo stesso di Gesù sulla croce (Mt 27,50). È il grido di chi si sente impotente e sperimenta un’angosciosa solitudine. L’iniziale rifiuto di Gesù non la scoraggia, ella non si lascia fermare dal silenzio indifferente, non demorde, insiste con santa ostinazione: “si avvicinò e si prostrò [prosekúnei] dinanzi a lui dicendo: Signore, aiutami!” (15,25). La prima volta si era gettata ai suoi piedi (15,22), ora invece si avvicina e prostra. Possiamo intravedere i passi di un cammino di fede. Matteo usa un verbo [proskunéô] che indica l’atteggiamento di adorazione dell’uomo che si trova alla presenza di Dio, come quello dei Magi dinanzi al Bambino (Mt 2,11) o dei discepoli dinanzi al Risorto (Mt 28,17). Questa donna è sospinta da una fede decisa, non pretende nulla ma sa che può chiedere tutto. La sua preghiera è semplice ed essenziale: “Signore, aiutami!”.
La fede di questa donna, che diventa preghiera fiduciosa e insistente, è icona dei ministero orante che la Chiesa esercita ogni giorno, in particolare quando celebra l’Eucaristia in cui raccoglie il grido dell’umanità: il dolore dei cristiani perseguitati, la sofferenza di quanti portano nella carne la passione di Cristo, la fatica di coloro che annunciano il Vangelo, gli affanni di quelli che vivono la fede nell’oscura quotidianità del dovere. La supplica è la prima risposta della Chiesa, è la risposta che ogni credente deve poter dare. Il limite più grande del nostro tempo è quello di pensare, anzi pretendere di organizzare la vita senza Dio. La società dichiara Dio non necessario. Per alcuni è inutile, per altri dannoso. Noi invece sappiamo che l’uomo non è capace di salvare se stesso. Con la fede della donna cananea oggi chiediamo al Signore di intervenire e di dare alla Chiesa il coraggio di rispondere al grido dell’umanità.
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