
Diventare altro
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 18,1-5.10.12-14)
In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me. Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda.
Il commento
“Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?” (18,1). I discepoli vogliono sapere come si diventa grandi. Gesù annuncia che è davvero grande chi accetta di farsi piccolo: “Se non vi convertirete e non diventerete [génêsthe] come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (18,3). Non poteva esserci parola più sorprendente! Quello che per l’ebreo era solo una fase cronologica da superare in vista di altre e più grandi responsabilità, viene presentata come un modello esistenziale. Qui come in molti altri passaggi, il Vangelo prende le distanze dalla cultura del tempo e genera un nuovo modo di pensare che ha influenzato non poco il cammino della storia. È interessante sottolineare il verbo: diventare [ghínomai] non indica uno status ma una realtà in movimento, fa pensare ad un processo interiore. Le mete che Gesù propone sono ambiziose e richiedono perciò un cammino lungo e impegnativo. Anche quando parla dell’amore dei nemici, meta che supera ogni ragionevolezza, Gesù afferma che questo atteggiamento è necessario per “diventare figli del Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5,45). Stessa cosa quando dice che il discepolo deve “diventare come il suo Maestro” (Mt 10,25). Il cammino di fede passa attraverso il diventare altro rispetto a quello che siamo all’inizio. Non può essere un cambiamento di facciata ma una trasformazione reale e radicale, si tratta di modificare in modo sostanziale pensieri e abitudini. Un cambiamento come questo non può avvenire da un giorno all’altro ma richiede un itinerario segnato dalla gradualità, ogni autentico cammino di fede passa attraverso una serie di tappe significative, alcune anche dolorose. La conversione del cuore è certamente opera della grazia ma ha bisogno anche di educatori attenti e competenti, persone che sanno ricordare la meta e indicare i passi necessari per restare sulla via che conduce alla santità. Non siamo bambini ma possiamo diventarlo se accettiamo la sfida della conversione e ci lasciamo guidare con docilità. È quello che oggi chiediamo affidandoci all’intercessione di Teresa di Lisieux, testimone qualificata della piccolezza evangelica.
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