CORRISPONDENZA FAMILIARE

di Don Silvio Longobardi

Il bene impossibile. Appunti per un’etica del martirio

19 Agosto 2019

Piazza San Pietro

La questione dell’Istituto Giovanni Paolo II ha sollevato nelle settimane scorse un acceso dibattito. Nel suo blog oggi don Silvio, prendendo spunto da un articolo di Costanza Miriano, ricorda che “una Chiesa che non sa più andare controcorrente diventa sale insipido”.

Cara Giovanna, 

ti ringrazio di avermi segnalato il post di Costanza Miriano, apprezzo molto la bellezza della sua parola che sempre s’intreccia con una riflessione che rilegge gli eventi con quella profondità che nasce dalla fede. 

Le vicende estive che riguardano l’Istituto Giovanni Paolo II sono accadute poche settimana fa ma, dal punto di vista mediatico, appartengono al passato, sono già preistoria. La storia è la cronaca che fugge sui tasti del computer. Quello che scrivi oggi, domani è già nel cassetto o forse nel cassonetto. Io vorrei invece ripartire da quel post e da quelle vicende che avranno un impatto non marginale nel cammino ecclesiale dei prossimi anni. 

La Miriano ripropone quella distinzione, più che condivisibile, tra dottrina e pastorale che per secoli ha permesso di custodire un intreccio sapiente tra verità e carità: da una parte il rigore della verità dottrinale e dall’altro un’applicazione misericordiosa che non faceva della dottrina una pietra che soffoca la libertà ma un gradino che invita e incoraggia a salire più in alto.

La dottrina disegna l’ideale e indica la meta. La pastorale traccia la via, anzi le vie per giungere al traguardo. La dottrina è immutabile, la pastorale invece è per sua natura flessibile.

Se fosse così anche oggi, se tutto il dibattito fosse riconducibile ad una semplice (e mai semplicistica) applicazione misericordiosa, nessuno avrebbe niente da dire. In questo caso, però, non ci sarebbe alcuna rivoluzione copernicana, quella che invece viene perseguita – con discrezione da parte di alcuni, col suono di tromba da parte dei più esagitati – da quanti ritengono che sia giunto il momento di superare la troppo rigorosa dottrina di Giovanni Paolo II.

No, non è questa la situazione in cui oggi ci troviamo. Costanza lo sa bene ma forse, in questo caso, ha preferito non affondare la spada. Quella distinzione tradizionale non esiste più. La pastorale non si presenta più come un onorevole compromesso tra le istanze ideali e la situazione reale ma come il tentativo, anzi come la pretesa di ridisegnare i confini morali a partire dai bisogni della persona. Non è più la persona che deve misurarsi con un ideale che per sua natura è più grande delle nostre forze ma è la verità che deva adattarsi ai tempi e alle risorse della persona. 

Non è vero che la dottrina resta immutabile e cambia solo l’approccio pastorale. A mio parere, accade proprio il contrario: avendo ridefinito l’ideale morale, ad esempio, avendo accettato che l’omosessualità praticata possa essere catalogata come un “bene possibile”, è ovvio che ne discende una nuova prassi pastorale. La proposta dottrinale resta il punto di partenza ed è anche il metro che misura e dà forma alle scelte pastorali. In pratica, la pastorale misericordiosa è solo un abile stratagemma, una sorta di cavallo di Troia per far entrare gradualmente nel tessuto ecclesiale una nuova coscienza etica che, di fatto, rigetta o ritiene ormai superati quei criteri che fino ad oggi hanno governato il giudizio morale.

Niente di nuovo sotto il sole, direbbe il sapiente biblico. In fondo, non è con questo sotterfugio che l’aborto è diventato patrimonio del nostro sistema giuridico ed oggi è considerato un diritto immutabile? Nessuno ha mai detto che l’aborto era una cosa buona ma tutti affermavano che si trattava di una scelta dolorosa per salvare la donna dalla morte o da un peso che avrebbe potuto schiacciare la sua debole costituzione psicologica. A distanza di quarant’anni, non c’è più bisogno di mentire, alcuni sono capaci di dire spudoratamente che l’aborto non è più un bene possibile ma un diritto che non si tocca. 

La Chiesa non propone il bene possibile perché il Vangelo non è la bella copia della morale razionale. La Chiesa propone il bene impossibile, quello che ha affascinato i santi e ha fatto della loro vita un affresco luminoso, quello che ha permesso a tanti di consumare la vita in nome della carità e ad altri di dare la vita per custodire la fede. Se la Chiesa si limita a ripetere in ambito etico quello che la società riesce a comprendere di suo, anche grazie all’abbondante semina evangelica, diventa inutile, come un ferro vecchio del passato. Una Chiesa che non sa più andare controcorrente diventa sale insipido. 

“Siate perfetti”, ha detto un giorno Qualcuno. Quella parola continua a risuonare in ogni angolo della terra e suscita ovunque testimoni che attestano che quello che appare impossibile all’umana ragione e alla fede tiepida, diventa possibile per la misericordia di Dio. È questo il Vangelo che non ci stancheremo di annunciare.

Grazie, Giovanna, per il prezioso lavoro che svolge Punto Famiglia, una piccola voce fiera di essere fuori dal coro perché sa di donare quella verità che appartiene al cuore della Chiesa. Un caro e affettuoso saluto. 

Don Silvio




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