Scuola

Quali insegnanti hanno inciso profondamente sulla tua vita?

20 Settembre 2019

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(Foto: Chinnapong / Shutterstock.com)

Chi non ha mai provato ammirazione o odio nei confronti di un insegnante? Chi non si è mai domandato cosa si vede quando si sta seduti dall’altro lato della cattedra? Solo i ragazzi, potrebbe rispondere qualcuno, ma in loro c’è la sintesi del mondo intero. Da oggi il nuovo osservatorio di Punto Famiglia dedicato al mondo della Scuola.

Un cattegnante oppure un insegnattedra. Uno tra questi due potrebbe essere il nome di quel mostro mitologico, metà uomo e metà cattedra, che tutti nella vita abbiamo incontrato per lunghi anni: l’insegnante. Questo mostro mitologico, oggi, sono io.

Entrato nella scuola a sei anni, piansi tutta la mattinata. Mi ci abituai e non ne sono più uscito. Oggi, addirittura, mi piace. Da studente, prima recalcitrante e poi bravino, ho fatto tutta la trafila fino al corso abilitante all’insegnamento. Da una quindicina di anni siedo dall’altra parte della cattedra. Il mio è un modo di dire, perché proprio lo stare seduto dietro quello strano arredo non mi viene facile. La cattedra non è solo un arredo. È un punto di vista. Ed è bifronte. Il lettore ricorda sicuramente come vedeva quel diaframma che lo separava dall’autorità incarnata in quell’uomo (sempre più donna, a dire il vero, negli ultimi anni).

Tutti abbiamo avuto insegnanti che hanno suscitato in noi studenti i sentimenti più diversi. Chi non ha provato almeno una volta ammirazione per qualche insegnante? Chi non ha provato almeno una volta odio per quell’insegnante che “proprio non mi capisce e non mi comprende”? Chi, almeno una volta, non ha sentito repulsione per quel meccanismo inarrestabile che ti costringeva a fare cose che non sempre avresti voluto fare? E poi perché l’insegnante mi deve giudicare? Che ne sa di cosa mi passa per la testa? Perché, si sono chiesti i più raffinati tra noi, deve avere una parola sul mio modo di essere? Perché mi deve sindacare? Chi gli dà tutto quel potere? Fino a sentimenti di vero e proprio odio nutriti nei confronti dei docenti. 

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Un anno, agli inizi della mia carriera, entrando nella scuola presso la quale insegnavo, fui colpito da una scena che mi è rimasta impressa: due alunni correvano, inebriati di gioia nel corridoio perché avevano appena ricevuto una notizia. “È morta la prof. d’inglese”: gioivano ed esultavano. D’altro canto ognuno di noi può raccontare di aver incontrato, almeno una volta nella vita, un insegnante che lo ha affascinato, stregato, in qualche caso “salvato”. Daniel Pennac, un ex somaro per sua stessa ammissione, in un suo libro di grande successo (gran risultato per uno che era un somaro!) ricorda con gratitudine i tre professori che lo hanno salvato dal baratro dell’ignoranza. Ma, dichiara: “È sufficiente un professore – uno solo – per salvarci da noi stessi e farci dimenticare tutti gli altri” e poi chiosa: “Sono venuti a prendermi in fondo al mio sconforto e mi hanno lasciato andare solo quando ho avuto i piedi saldamente posati nelle loro lezioni che si rivelavano essere l’anticamera della mia vita”.

Nello spazio digitale che da oggi prende il via, non parleremo di questo. O meglio, ne parleremo anche, ma è un altro il punto di vista che c’interessa. Vogliamo investigare il mondo da un’angolatura che pochi prendono in considerazione: quella dell’animale mitologico metà umano e metà cattedra. Com’è il mondo visto attraverso i suoi occhi? Direte che egli in fondo vede solo dei ragazzi e che non vede il mondo. Invece no. Non è così. L’insegnante è un imbuto con la parte larga aperta sul mondo e con la parte stretta verso i suoi studenti. Cioè, egli è uno che vive nel mondo, recepisce molti stimoli, è curioso di natura, ha degli obblighi, riceve degli ordini dall’alto e dal basso e li deve far arrivare con delicatezza ai suoi studenti, a piccole dosi. Per inciso, ultimamente questi ordini scuotono anche la sua coscienza. Si pensi, per esempio, a certe leggi che favoriscono l’indottrinamento di quella sempre più pervicace ideologia, variegata e polimorfa, che va sotto il nome di gender

Ma l’insegnante è un imbuto aperto anche nel verso opposto: gli arrivano valanghe di notizie, emozioni, reazioni, stimoli, feedback dagli alunni. E qui viene il bello: a chi trasmette tutti questi flussi in questo verso? Spesso a nessuno. È solo. E già questa considerazione potrebbe bastare per spiegare anche il numero crescente di casi di malattie psicologiche tra i membri del corpo docente. Egli non può condividere questo flusso di vita, perché pochissimi vi sono interessati realmente. E tutto ciò vale pur sapendo che essi aiuterebbero certi genitori e certi adulti a vivere e far vivere meglio i propri figli. L’insegnante, poi, ha una visione incarnata della sociologia di cui legge. Giusto per fare un esempio, la liquidità della società teorizzata dai sociologi per lui è reale inafferrabilità delle esistenze dei suoi alunni spesso resi evanescenti dal mondo cibernetico nel quale sono immersi. L’insegnante vede al di là della liquidità, egli è autorizzato ad andare oltre questa categoria: molti alunni non sono liquidi, ma cominciano ad essere aeriformi se ci si concede di equiparare questo stato di aggregazione della materia alle vite “virtuali” dei nostri giovani. Qualche volta ha la sensazione di avere di fronte degli ologrammi, delle rappresentazioni, degli avatar di una vita reale che si svolge altrove.

Dalla cattedra potrebbe arrivare, infine, la tentazione di difendere chi la occupa, gli insegnanti appunto. Resisteremo. Il nostro è solo un foro attraverso il quale spiare dichiaratamente i membri di questa comunità che è la Scuola: alunni, docenti, collaboratori, famiglie. Con un’espressione che non piace, questi vengono chiamati gli attori di una “messinscena” che dovrebbe essere la vita scolastica. Solo che le vicende che si vivono a scuola sono reali almeno come le gioie, i dolori e i tormenti che vi si provano. Non è un gioco. Richiede molta responsabilità. Con sarcasmo, qualcuno disse, un giorno, che gli errori dei medici finiscono sotto terra, quelli degli insegnanti vi camminano sopra. C’è del vero in ciò. Partiamo dunque per questo viaggio esplorativo che si prefigge la meta di una maggiore consapevolezza di ciascuno verso gli altri. Se alla fine, tra le persone che gravitano attorno alla scuola, sarà diminuito di qualche unità il numero di coloro che accusano gli altri e invece sarà aumentato anche di una sola unità il numero di chi agisce più collaborativamente, questo sentiero non sarà stato percorso invano. Spesso viene invocata un’alleanza tra scuola, famiglia e società quale panacea di molti mali della Scuola e della società. A dispetto delle leggi che la favoriscono, si tratta, tuttavia, di un’alleanza tutta da costruire. Ci prefiggiamo di collaborare a tale opera.




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