CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Quando la sofferenza bussa alla porta…

23 Settembre 2019

Croce

Come affrontare la sofferenza della croce? Don Silvio: “Trasforma il tuo dolore in un grido di salvezza. Chiedi al nostro Dio di darti forza e coraggio. E quando ti sembrerà di affondare, Lui ti afferrerà con la sua mano e ti porterà in salvo”.

Cari amici,

oggi è memoria liturgica di san Pio da Pietrelcina, il frate delle Stigmate, eloquente icona della croce, una vita trapassata dalla sofferenza. Siamo entrati nella novena di santa Teresa di Gesù Bambino, morta di tubercolosi a 24 anni, martire dell’amore. Questi santi mi invitano ad affrontare un tema che appartiene di diritto alla vita familiare ma spesso rimane sullo sfondo, come un ospite indesiderato che cerchiamo a tutti i costi di allontanare. Vi consegno una lettera che ho scritto tempo fa ad una sposa che si è trovata ad affrontare nello stesso tempo la malattia della mamma e una situazione che, almeno all’inizio, appariva assai preoccupante per la sua salute. Una vicenda che tanti sposi sono chiamati a vivere. 

Carissima Francesca

accolgo con grande gioia le tue parole, oggi tiri un sospiro di sollievo, quella semplice parola – benigno – è come un venticello capace di scacciare i cattivi pensieri e le paure. E tuttavia, quello che è accaduto non è vano, se la paura della malattia si allontana, resta e deve restare l’impegno a vivere bene questa vita, il tempo che Dio ci dona. In un romanzo ho letto che la vita è fatta di due parti, la seconda inizia quando ti accorgi che di vita ce n’è una sola. È un tempo prezioso per te, non sciuparlo, cerca di capire quello che Dio vuole dirti. 

La buona notizia non dissolve tutte le nubi. Resta la malattia di tua mamma, la grazia che devi chiedere è quella di viverla con serenità. In fondo è questo l’annuncio che Gesù consegna ai discepoli sulla via di Emmaus. Essi avevano interpretato la croce come la fine di tutto, Gesù invece apre il cuore (prima di aprire gli occhi, è il cuore che accoglie la luce) e annuncia che proprio attraverso quell’evento si compie il disegno di Dio. I fatti sono gli stessi, cambia il modo di guardarli. La differenza sta nello sguardo. Ma questo determina anche un modo diverso di affrontare la vita. 

La sofferenza è parte integrante del nostro pellegrinaggio, il Signore mette alla prova la tua fede, vuole purificarti per darti una grazia ancora più grande. Non tutti lo comprendono, molti si ritirano e così perdono l’appuntamento con Dio. Chi invece resta fedele avrà la gioia di vedere cose meravigliose. Capisco che tutto questo fa paura. È inevitabile che sia così. Quando hai paura, non temere di gridarlo. Ma trasforma questo grido in una sincera invocazione di salvezza. Chiedi al nostro Dio di darti forza e coraggio. E quando ti sembra di affondare, dirai come Pietro: “Signore, salvami” (Mt 14,30). Stai sicura, Lui ti afferra con la sua mano e ti porta in salvo. La fede non toglie la sofferenza ma dona la pace. 

La Scrittura non vende illusioni, Gesù dice che c’è da soffrire. Ma aggiunge: “Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” (Gv 16,33). Lui ha già vinto passando attraverso la croce. E anche noi possiamo vincere, se restiamo in Lui. Non conosco altra sapienza che questa condita di realismo e di speranza. Per questo sono innamorato dell’esperienza di Fatima: la Madonna chiede ai fanciulli di soffrire, non c’è altro modo per partecipare più intimamente alla redenzione. 

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I santi hanno molto da dire. Pochi mesi prima di morire Teresa di Lisieux, che ovviamente sapeva di avvicinarsi alla morte, scrive una lettera ad un giovane seminarista che era stato affidato alla sua preghiera e parla senza veli della sua prossima morte: “Vorrei dirle un’infinità di cose che mi appaiono in piena luce, ora che sono alla porta dell’eternità; ma non muoio, entro nella vita, e tutto ciò che non le posso dire quaggiù, glielo farò comprendere dall’alto dei cieli”. La certezza dell’eternità accompagna tutta la sua lunga e dolorosa agonia, non toglie la sofferenza ma certamente la sorregge nelle fasi più difficili di questo itinerario che conduce alla piena maturità. 

Tu non sei (ancora) santa ma, insieme al tuo sposo, sei chiamata ad offrire una bella testimonianza di fede ai tuoi figli. Non devono essere tenuti all’oscuro dei problemi, anzi devono partecipare in modo responsabile, in rapporto alla loro età. Hanno bisogno di vedere che la fede è capace di trasformare il male in bene. 

Mia cara, il buon Dio permette questo tempo di prova per farti maturare una fede più adulta. Ascolta e accogli la Parola che ti vuole consegnare. Prego che tu sia sempre più docile alla sua volontà. Ti abbraccio”

don Silvio 

 




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